Pakistan, un predicatore guida la rivolta la Corte Suprema: “Arrestate il premier”

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UN ASSEDIO senza precedenti ai palazzi del potere, un ordine di arresto per il primo ministro da eseguirsi «entro 24 ore» come ha specificato la Corte suprema nella sua nota. È una crisi politica profondissima quella in cui è precipitato il Pakistan nelle ultime 24 ore. Una crisi che porta la firma di Muhammad Tahirul Qadri, un religioso sconosciuto a molti fino a un mese fa e che oggi appare come l’arbitro dei destini di un paese che la stampa internazionale non si stanca di definire «il più pericoloso del mondo».
I fatti: convocate da Qadri, migliaia di persone hanno marciato per due giorni attraverso il paese, invadendo ieri le strade di Islamabad per assediare i palazzi del governo e del Parlamento. Chiedevano la dissoluzione del Parlamento e l’adozione di misure anticorruzione in vista delle elezioni, previste per maggio o giugno: prima di raggiungere la meta, la folla si è scontrata con la polizia, che ha sparato colpi di arma da fuoco in aria e lanciato lacrimogeni per fermare la folla. Alla testa del corteo Qadri, che per anni ha vissuto in Canada e che, rientrato in patria un mese fa, ha lanciato quella che a più riprese ha definito la “rivoluzione” o la “ primavera” pachistana: una campagna anticorruzione che punta, per usare le sue parole «a eliminare i criminali dalla politica” e a “fare pulizia nello Stato » e che ha coinvolto in poche settimane migliaia di persone, facendo sorgere più di un dubbio sugli appoggi su cui l’uomo può contare. La teoria più diffusa è che Qadri sia espressione dei militari, il gruppo di potere più importante del paese arbitro delle vicende politiche così come di quelle economiche del Paese, da sempre ostile al PPP, il partito del primo ministro e del presidente della repubblica, Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto.
A dare man forte a questa interpretazione nel pieno della manifestazione di ieri è arrivato l’annuncio della Corte suprema del Pakistan, che ha spiccato un mandato di arresto «da eseguire entro 24 ore» contro il primo ministro Raja Pervez Ashar, del PPP, e un gruppo di suoi fedelissimi.
L’accusa è una di quelle che da sempre insegue chi fa politica in Pakistan: corruzione.
La concomitanza fra i due eventi ha fatto gridare al complotto il PPP, che già  lo scorso anno si era visto costretto a cambiare premier dopo che l’allora primo ministro, Yusuf Raza Gilani, era stato allontanato dalla Corte suprema sempre sulla base di accuse di corruzione.
Per Zardari il momento è difficilissimo: il suo governo vacilla sotto i colpi della battaglia moralizzatrice di Qadri e il più popolare leader dell’opposizione, l’ex star del cricket Imran Khan, ieri ha chiesto ufficialmente le sue dimissioni. La tensione con l’India è alle stelle, con il premier di New Delhi Manmohan Singh che accusa Islamabad di volere una nuova guerra. L’esercito gli è sempre più ostile e fra poche settimane sono previste elezioni politiche che potrebbero minare definitivamente la sua traballante maggioranza. Consapevole dei rischi, Zardari ha spinto in campo il mese scorso Bilawal Bhutto Zardari, suo figlio, il 24nne che, nei sogni di molti pachistani, è destinato a prendere il posto che fu del nonno prima e della madre poi. Ma le spalle del giovane Zardari-Bhutto sono ancora troppo immature per caricarsi il peso di un paese sull’orlo del precipizio.


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