by Sergio Segio | 17 Gennaio 2013 9:37
SONO tutte apprezzabili le iniziative che ieri il presidente ha firmato, ad appena quattro giorni dal suo insediamento per farne una delle missioni più importanti del secondo mandato, perché, ha detto, nessun diritto sancito dalla Costituzione «è più sacro del diritto di vivere ». È stato bello credere che la lettera di Julia, la ragazzina che gli aveva chiesto di fare tutto quello che è in suo potere per impedire altre stragi, possa davvero aiutare Obama a riprendere quel filo della ragione tante volte afferrato e altrettante volte spezzato. Anche Ronald Reagan che aveva provato nel proprio corpo bucherellato gli effetti del diritto a «portare armi» ci aveva provato. Ora ci sono andati di mezzo i bambini, dunque il vento cambierà , ci promette. Si dice retoricamente che debbano essere loro a cambiare il mondo, e sarebbe bene se ci riuscissero da vivi.
Ma basta guardare oltre le pareti di quell’auditorium dove Obama spiegava di volersi battere per impedire la vendita di armi da guerra come quelle usate nella strage di Newtown, per limitare la capienza di caricatori che oggi possono contenere dozzine di proiettili, per rendere più seri e stringenti i controlli dello Fbi sul commercio d’armi e le valutazioni psichiatriche preventive, e sentire che il vento si affievolisce. E che la tempesta soffia ancora contro le vele del buonsenso.
Circola nelle televisioni nazionali, prodotto e finanziato dalla National Rifle Association, la lobby di armaioli e di armati, uno spot «ripugnante», come lo chiama la Casa Bianca, che accusa Obama di essere soltanto un elitista ipocrita, perché le figlie, studentesse presso il liceo privato di Sidwell Friends a Washington, sono costantemente sotto la protezione del Secret Service. L’idolo dei forsennati del Tea Party che condiziona e ricatta la maggioranza repubblicana alla Camera, il deputato del Kentucky Rand Paul, ha paragonato Obama a re Giorgio III d’Inghilterra, l’autocrate contro il quale i minutemen, i volontari con lo schioppo si ribellarono conquistando l’indipendenza. Ha promesso di lottare contro «il nuovo monarca americano», con «le unghie e coi denti» e il suo gruppo ha unghie dure e denti lunghi.
Che le 23 proposte del presidente, non ancora tutte spiegate, per limitare, anzi per limare un poco l’insensata armeria privata «pur riconoscendo il diritto a portare armi», come ha detto, siano viste come l’ukaz, l’imposizione, di un autocrate rende bene la misura della follia. E racconta la difficoltà di un’impresa che a persone più ragionevoli apparirebbe non altro che un palliativo, ma ai fanatici appare come l’inizio della fine per le libertà americane e quel diritto alla «vita, alla libertà e alla ricerca della felicità » che la Costituzione garantisce. Ma che è stato negato per sempre «agli spettatori nel cinema del Colorado, agli studenti del Politecnico della Virginia, agli scolari della Sandy Hook elementary di Newtown», ha ricordato Obama, a colpi di fucile d’assalto.
La risposta allo sguardo di quei bambini emozionati e intimiditi, trascinati alla Casa Bianca per fare da coro muto al presidente e al ricordo di quelli che non potranno più parlare è, per chi sta oltre le pareti della ragione, spegnere l’incendio con la benzina. Vendere ancora più armi.
Vogliono armare maestre, insegnanti, bidelli. Trasformare asili, elementari, scuole superiori in fortezze nelle quali miti signore di mezza età coi tacchi bassi, professori stempiati con giacche un po’ lise di tweed, personale di concetto e delle pulizie dovrebbero portare, o custodire nel cassetto della cattedra accanto ai gessi, ai registri e alle matite, Uzi e Smith & Wesson, Kalashikov e M16. Pronti a ingaggiare un Mezzogiorno di Fuoco all’ultimo sangue contro un tiratore deciso a morire, pur di uccidere, dunque indifferente a ogni deterrenza.
Obama non ha, semplicemente, i voti in Parlamento per promuovere leggi più severe e restrittive, come quelle approvate nei giorni scorsi dall’assemblea dello Stato di New York sotto la spinta del sindaco indipendente Bloomberg e del governatore democratico Cuomo, con voto quasi unanime dei due partiti. Lui stesso, anche in campagna elettorale, non aveva mai usato le parole che ha speso ieri, davanti ai genitori dei bambini che non ci sono più e ai bambini che ci sono ancora, per condannare quel commercio di armi al quale la maggioranza dei cittadini resta attaccata.
In una democrazia molto più diretta del parlamentarismo all’europea e delle intermediazioni politiche, l’illusione che la maggioranza produca saggezza è tragicamente smentita nel caso delle armi. Non ci sono molti democratici disposti a rischiare il collo per dire davvero basta, senza coprirsi con qualche repubblicano dietro un voto bipartisan e non ci sono molti repubblicani votati al suicidio elettorale. Il buco aperto in ogni legge, e anche nelle misure firmate da Obama ieri, resta quello delle mostre mercato di armi, dal quale fuoriesce il 40% dell’arsenale venduto senza nessun controllo. E’ stato bello, e malinconicamente inutile, ascoltare un presidente che sa bene quale sarebbe la cosa giusta da fare, chiudere per sempre il rubinetto, ma non ha i voti per farlo.
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