by Sergio Segio | 6 Gennaio 2013 9:02
Il mondo del no-profit ha presto capito[1], era la fine di febbraio, di essere un involontario protagonista della spending review.
Tra i primi tagli giustificati per fare cassa ecco infatti l’abolizione dell’Agenda del terzo settore[2], seguita a ruota dall’Osservatorio per il volontariato, il Comitato per i minori stranieri, la Consulta per i problemi degli stranieri immigrati[3], la Commissione di indagine sull’esclusione sociale e l’Osservatorio di promozione sociale (che dovrebbe però essere ripristinato a breve).
Vedendo la situazione, subito i referenti più in vista del settore hanno suonato l’allarme portando all’attenzione di Ministri ed opinione pubblica come i tagli tout-court stessero intaccando la sopravvivenza stessa di tutti il comparto non profit-volontariato.
Già ad inizio marzo, il magazine Vita[4], portavoce accreditato, chiedeva più attenzione al governo tecnico e dichiarava la preoccupazione di fronte a “errori tecnici” che stavano andando a ledere le basi stesse dell’esistenza del Terzo Settore, e faceva di più, proponendo un Manifesto al quale aderire per la costituzione di un servizio civile universale.
Quasi avesse recepito il messaggio – ma al contrario – il governo rispondeva in giugno mettendo in forse la disponibilità di fondi per il Servizio civile nazionale 2013. “L’esigua disponibilità di fondi assegnati al servizio civile, notevolmente ridotti dalle manovre finanziarie degli ultimi anni, non permetterà , se non ci saranno nuove risorse, la partenza dei volontari nel corso del 2013”.
Subito dopo questa dichiarazione, il Ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione[5] aveva aggiunto che avrebbe fatto di tutto per reperire nuovi fondi e cercato di portare il fondo per il servizio civile ad almeno 120 milioni di Euro, speranza vana: la mannaia della legge di stabilità ha raggiunto anche le buone intenzioni di Riccardi e stanziato per il fondo 2013 solo 71,2 milioni di Euro, con la ciliegina sulla torta dell’abolizione della Consulta nazionale per il servizio civile.
Ed eccoci a luglio, mese che passerà alla storia (?) per la riforma del lavoro targata Elsa Fornero che, non è dato sapere quanto coscientemente, va ancora una volta ad incidere ferite profonde sul mondo del non profit.
La nuova legge sul lavoro viene infatti trionfalmente presentata come una crociata contro l’abuso dei co.co.pro., andando ad aumentare anche la tassazione sui contratti a progetto, compresi quelli delle associazioni senza fini di lucro: si tratta dell’ennesimo colpo mortale che significa per le onp licenziamenti in arrivo e lavoro nero in agguato.
Chiunque conosca o frequenti il settore, infatti, sa perfettamente che la maggior parte delle organizzazioni no-profit, a causa del sistema di finanziamento dei progetti e proprio per il modo di operare che ne caratterizza l’agire, lavora – e fa lavorare – erogando in prevalenza contratti a progetto: possibile che il ministro del lavoro non ne sia stata messa a conoscenza?
Ad ottobre alla VI Conferenza Nazionale del Volontariato[6], grande colpo di scena: ricompare, fiera e sorridente, il Ministro Fornero e annuncia con giusta soddisfazione lo sblocco (in forte ritardo!) dei fondi dedicati ai bandi per Associazioni di Promozione Sociale e per le Organizzazioni di Volontariato, rifondendo speranza e strappando applausi dai rappresentanti delle organizzazioni di tutta Italia accorse all’evento.
Applausi pronti a trasformarsi in fischi, dato che a quasi due mesi dalla dichiarazione, dei bandi non si è avuta ancora notizia alcuna.
Anche la tanto contestata Imu sarà un problema per il Terzo Settore. Infatti, in seguito alla pubblicazione del regolamento che disciplina il pagamento dell’IMU da parte delle organizzazioni non profit sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 23 novembre[7] e che stabilisce quali enti non pagheranno l’imposta dal prossimo anno in virtù della loro natura non commerciale, quali la pagheranno perché esercitano attività commerciali, e come essa verrà applicata sugli immobili con utilizzazione di tipo misto, il Forum Nazionale del Terzo Settore, attraverso la voce del portavoce Andrea Olivero (oggi curiosamente candidatosi proprio con Monti), spiega[8] che la questione è complessa e non può essere trattata dallo Stato Italiano solo come una controversia da risolvere con la Chiesa Cattolica.
“Il nodo cruciale” spiega Olivero “consiste nel rendersi conto che le norme sul pagamento dell’IMU interessano l’intero e variegato mondo del non profit, che consta di oltre 235.000 organizzazioni, tra le quali – anche – quelle di matrice cattolica”.
“Si tratta di un mondo” ha concluso Olivero “che occupa in Italia circa 750.000 persone in forma retribuita, impiegando nel contempo oltre 3 milioni di volontari e che contribuisce al 5% del PIL, fornendo servizi fondamentali ai Cittadini, dalle mense ai dormitori, dall’assistenza ai disabili alla cura degli anziani, dalla protezione civile alla difesa del patrimonio culturale, con pochissimi sostegni e incentivi”.
Il Terzo settore si sente insomma considerato marginalmente e depotenziato nelle sue possibilità di agire per aiutare l’Italia ed auspica per il futuro maggiore attenzione e rispetto.
Unica magra consolazione resta, in questa chiusura d’anno, la notizia che l’aumento dell’IVA alle cooperative sociali è stato cancellato[9] dalla legge di stabilità : ma anche qui il sollievo pare temporaneo dato che, a quanto sembra, l’innalzamento dovrebbe scattare con il 2014.
Quali saranno i rapporti che il mondo del no-profit e del volontariato riuscirà a costruire con il nuovo governo? Ad oggi non è chiaramente dato saperlo, ma ciò che si spera è che la politica capisca che senza il Terzo Settore l’Italia sarà più vicina al collasso economico e sociale.
Fabio Pizzi[10]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2013/01/no-profit-bilancio-di-un-anno-di-non-governo-tecnico/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.