No agli F35, mossa di Bersani Monti: il Pd non è un pericolo

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ROMA — «Bisogna assolutamente rivedere il nostro impegno per gli F35. La nostra priorità  non sono i caccia, la nostra priorità  è il lavoro». Bersani introduce un aspetto inedito nella campagna elettorale, nel giorno in cui la Camera autorizza il governo a dare supporto logistico per le operazioni in Mali. Una dichiarazione, la sua, rivolta a quell’elettorato di orientamento pacifista, tentato di votare per l’ex pm Ingroia. E infatti la sortita di Bersani piace all’alleato Vendola che, non a caso, la rilancia, proprio per impedire lo scivolamento in direzione di Rivoluzione civile di quei cittadini sensibili alla sirena antimilitarista. «Bravo Bersani — scrive su Twitter — le ali da tagliare sono quelle dei cacciabombardieri. Siamo felici di averne fatto da tempo la nostra bandiera». Che lo scopo sia quello di insidiare il movimento di Ingroia lo si ricava dalla reazione indispettita di Di Pietro, alleato di Ingroia. Di Pietro attacca con asprezza il segretario pd. «Caro Bersani — sostiene il leader dell’Idv — si vede che siamo in campagna elettorale, visto che fino ad oggi avete approvato e sostenuto chi quegli F35 li ha comprati ed ha sprecato i soldi dei cittadini per i sommergibili e missioni di guerra. L’ultima perla di questo esecutivo è l’invio di personale e mezzi in Mali». Le tue, oggi, accusa Di Pietro, «sono solo lacrime di coccodrillo».
Il premier
Monti difende il proprio governo e definisce «provinciale» il Berlusconi che lo ha accusato di essersi piegato ai diktat della cancelliera Merkel. Nega di essere massone e di essere espressione dei poteri forti. Casomai obietta, «io, da commissario Antitrust, ho contrastato certi abusi dei poteri forti come Microsoft, General Electric o la prevaricazione del governo tedesco che voleva agevolare le banche tedesche». L’Italia non è ancora salva, avverte, perché molto dipenderà  «da che cosa succederà  alle elezioni. Ora c’è una situazione di stabilità  finanziaria e si vede dall’andamento dello spread e dei tassi, che è tutto il contrario di un anno fa, e questo è rassicurante. L’Italia, però, è un Paese che da 15 anni cresce meno della metà  degli altri dell’eurozona». Poi, sempre in polemica con il Cavaliere, Monti nega che esista ancora il pericolo comunista: «Ha torto Berlusconi a dire che c’è un pericolo comunista. Il Pd ha una storia gloriosa, dalla quale si è andato affrancando, all’inizio ad esempio non ha appoggiato la costruzione europea, recentemente sì». Ma, rimarca, «dall’altra parte, quella che doveva essere una rivoluzione liberale non è stata né rivoluzionaria né liberale».
Infine, alcune confidenze. Ricorda di avere votato, in passato, partiti che avrebbero potuto portare «il vento del liberalismo, come repubblicani, e liberali, i quali hanno però dato poco in termini di realizzazioni, nonostante le grandi personalità  come Spadolini e Malagodi». Nel ’94 scelse Berlusconi poi, rivela, «ho avuto simpatia per Prodi». Ciò che conta, però, sono le idee per le quali mi sono speso e che, dice, «si sono affermate negli ultimi anni sul piano europeo con l’economia sociale di mercato». Viceversa in Italia succede qualcosa di diverso. «Non credo che forze politiche così condizionate dalle estreme possano fare politiche più radicalmente innovative», obietta spiegando i motivi della sua salita in politica, e cioè, il fatto che «il Pdl si è riavvicinato alla Lega e critica nei confronti dell’Ue e il Pd è interessato, non volendo avere avversari alla sua sinistra, a legare con Sel».
Anni di piombo
Albertini accusa Vendola di volere «tornare indietro alle leggi degli anni di piombo». Il leader di Sel, dice l’ex sindaco di Milano, «firma referendum per ritornare all’articolo 18 oppure firma per portare indietro gli orologi a prima della riforma pensionistica». Replica di Vendola rivolgendosi a Monti: «Questo è segno di moderatismo, sono preoccupato anche per l’offesa inflitta alla verità  storica. Chi ha scritto lo statuto dei lavoratori è stato obiettivo delle Brigate rosse». Ed ecco il passaggio chiave: «Il principale antagonista delle Br si chiama Cgil. Mi aspetto che per la civiltà  dei rapporti politici Monti prenda le distanze».
L’appello di Bagnasco
Il presidente della Cei Bagnasco invita i cattolici «a non disimpegnarsi» e a «non disertare le urne». E chiarisce che «la presenza di esponenti cattolici in schieramenti differenti dovrà  accompagnarsi a una concreta convergenza sulle questioni eticamente sensibili».
Lorenzo Fuccaro


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