Netanyahu punta sulle colonie, ma dovrà  fare i conti con Bennett

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GERUSALEMME. Superato il pericolo della formazione, sfumata, di un fronte unito dei tre principali partiti del centrosinistra, Benyamin Netanyahu se n’è andato a visitare la prima università  per coloni ad Ariel, nella Cisgiordania palestinese occupata. Un progetto molto criticato che Israele ha portato ugualmente a termine. Per l’occasione il premier ha fatto sapere che il mondo è minacciato dal programma nucleare iraniano e dalle armi chimiche siriane e non dalle colonie ebraiche costruite nei Territori occupati (in violazione delle leggi e convenzioni internazionali). «Il pericolo per il mondo non proviene dalla creazione di una università  (ad Ariel) o dalla costruzione di nuove unità  abitative» nelle colonie, ha affermato Netanyahu, non mancando di ribadire che Ariel, uno degli insediamenti più grandi, resterà  «per sempre sotto sovranità  israeliana».
Ariel fa parte dei blocchi di colonie costruiti in Cisgiordania dopo l’occupazione nel 1967 che Israele intende annettersi in caso di un accordo con i palestinesi. A dicembre, il ministro della difesa, Ehud Barak, aveva avallato la decisione del governo di trasformare in università  una scuola di insegnamento superiore di Ariel nonostante il Consiglio dell’insegnamento superiore, che gestisce le sette università  israeliane, a settembre avesse contestato questo cambiamento di statuto, anche per il timore di conseguenze per gli altri atenei già  minacciati di boicottaggio all’estero.
Netanyahu non si ferma davanti a nulla, specie se sul tavolo c’è la questione delle colonie, sicuro che nessuno oserà  adottare sanzioni vere contro Israele. Il suo vero pensiero in questi giorni è la campagna elettorale del suo partito, alleato con gli ultranazionalisti di Yisrael Beitenu. I risultati sono stati fallimentari. Insieme i due partiti oggi hanno 42 dei 120 seggi della Knesset e secondo i sondaggi alle elezioni del 22 gennaio ne conquisteranno non più di 33-34. Una picchiata frutto di un gravissimo errore di valutazione commesso proprio di Netanyahu. Il premier credeva di poter mettere insieme un’alleanza di estrema destra capace di conquistare una cinquantina di seggi, in modo da mettere insieme una coalizione di governo «da battaglia» e meno dipendente dai partiti religiosi ortodossi. «Il punto debole della lista è il leader di Beitenu, (il ministro degli esteri) Avigdor Lieberman – ha spiegato al manifesto il professor Menachem Klein, del dipartimento di storia dell’università  Bar Ilan di Tel Aviv -, gli israeliani che di solito votano per il Likud oltre ad essere nazionalisti sono anche religiosi, moderati non ultraortodossi ma comunque religiosi, e Lieberman con il suo laicismo sfrenato, con la sua battaglia alla religione, li spaventa. Netanyahu ha confermato di conoscere solo in parte quello che pensa la sua gente».
Dalla lista Likud-Beitenu i voti però vanno ancora più a destra, e, a conferma di quanto sostiene Klein, stanno facendo salire, almeno nei sondaggi, i seggi del partito HaBayit HaYehudi (Focolare Ebraico), che coniuga nazionalismo anti-palestinese a una religiosità  sentita ma non fondamentalista. Volto di Habyit HaYehudi – partito destinato, pare, a svolgere il ruolo di terza forza politica (dopo Likud-Beitenu e Laburisti) – è Naftali Bennett, 40 anni, che in poche settimane ha strappato a Netanyahu 7-8 seggi. Il leader di HaBayit HaYehudi è un personaggio relativamente nuovo della politica, che piace molto all’israeliano medio conservatore. Figlio di ebrei californiani, Bennett è un nazionalista radicale (che respinge categoricamente la possibilità  di creare uno Stato palestinese) e allo stesso tempo è un religioso osservante che predica i «valori della famiglia». Ma non è un rabbino. È stato un ufficiale delle unità  di elite dell’esercito, Sayeret Matkal e Maglan, ma anche un abile uomo d’affari: a soli 27 anni creò una security software company che ha poi venduto sei anni dopo per 145 milioni di dollari. «La novità  Naftali Bennett affascina sempre più israeliani e Netanyahu non può fare nulla per frenare la sua ascesa – sostiene Menachem Klein -. Il premier vincerà  le elezioni, però per formare il nuovo governo dovrà  bussare alla porta di HaBayit HaYehudi». Un’alleanza di ferro che farebbe della colonizzazione di Gerusalemme Est e della Cisgiordania il punto principale del programma del nuovo governo.


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