by Sergio Segio | 30 Gennaio 2013 7:49
Un esempio lampante è quello di Cassa Depositi e Prestiti, ente di proprietà del Tesoro italiano che in passato aveva come mission quella di finanziare a prezzi calmierati le amministrazioni e le opere pubbliche essenziali per il paese. La Cdp, da un decennio trasformata in ente di diritto privato, è impegnata in acquisizioni di partecipazioni azionarie in aziende da cui trae profitti notevoli. Operando sia come protettrice degli interessi strategici dello Stato che come facilitatrice dei processi di mercato, la Cassa lavora per patrimonializzare e finanziarizzare pezzi di ex aziende pubbliche, immobili del demanio, case popolari. Il tutto utilizzando gli oltre 200 miliardi di risparmio postale degli ignari cittadini italiani.
D’altro canto, anche nel campo dei servizi pubblici locali, i processi di privatizzazione hanno partorito delle aziende ibride, controllate da grandi investitori privati ed enti locali spesso in modo paritetico. Dopo che del privato abbiamo potuto saggiare gli effetti più perversi sotto forma di aumenti tariffari, riduzioni di personale, stipendi stellari per managers ed amministratori, non v’è praticamente più traccia del concetto di pubblico servizio che animava le vecchie aziende municipalizzate. Anche gli enti locali, infatti, così come il governo centrale, preferiscono lo stacco della cedola annuale dei dividendi alla ridefinizione di un concetto di pubblico degno di questo nome, salvo poi indebitarsi ancora di più per foraggiare acquisizioni e fusioni tra le grandi utilities. Processi quest’ultimi lanciati non per venire incontro alle necessità dei cittadini ma per accreditare le aziende privatizzate come grandi players del settore e guadagnare un altro strapuntino di potere e dividendi.
ll modello di Stato che emergerà dalle secche della crisi sarà sempre più caratterizzato da una saldatura tra gli interessi politici e quelli dei privati, e avrà come obiettivo non più la gestione della cosa pubblica, ma la sua «valorizzazione» in un’ottica di mercato. Il 2 febbraio a Roma, al Teatro Valle Occupato, proveremo a partire proprio da queste riflessioni per provare a costruire un’alternativa al neoliberismo di Stato. Parleremo di Cdp, di enti locali, della trappola del debito pubblico e di come provare ad uscirne partendo dall’idea che una nuova finanza pubblica sia la necessaria precondizione per uscire dalla crisi con un rinato ruolo di intervento pubblico in economia, partecipato e permeato dalle istanze di movimenti, cittadini e società civile. Un processo lungo e difficile, ma che intendiamo innescare con forza per dare una risposta dal basso alla crisi di democrazia che viviamo.
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