Né Ulivo né Arcobaleno

by Sergio Segio | 23 Gennaio 2013 9:20

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Intervengo non perché ci siano particolari ragioni di replica – l’articolo di Favilli è un modello di garbo e di correttezza – ma perché mi consente, grazie alla cortesia del manifesto, di chiarire alcune cose che hanno un valore politico più generale. Nel ragionamento di Favilli, come in quello di altri compagni che sono intervenuti su tale punto, mancano alcuni elementi del quadro che lo rendono parziale. Nel ragionamento di Favilli, come in quello di altri compagni che sono intervenuti su tale punto, mancano alcuni elementi del quadro che lo rendono parziale. Ora qui dico, com’è giusto, solo per me. Egli parla, ad esempio di “scelta” elettorale in contrasto con la radicalità  delle posizioni teoriche.. L’espressione scelta rappresenta, a mio avviso, una realtà  che non c’è ( o che non c’era del tutto quando io ho espresso la mia “decisione” di voto): vale a dire come se avessi avuto la possibilità  di scegliere tra due schieramenti. Il centro-sinistra, da una parte e dall’altra una sinistra finalmente in grado di perseguire gli obiettivi a cui aspiriamo. Purtroppo, né io né Favilli né tutti gli altri abbiamo davanti tale alternativa. L’arrivo di Ingroia ha mutato un po’ lo scenario, ma su questo punto mi soffermerò più avanti.
Altro dato trascurato è che quando si decide di dare un voto, perché è in atto una competizione, si dove tener conto che c’è in campo un avversario: il quale potrebbe vincere e fare arretrare ancora di più il quadro generale del paese e le stesse condizioni della nostra lotta. Si può dare il voto a chi rischia di farci perdere e di lasciarci in purgatorio per altri 10 anni? Diciamolo chiaro: oggi molti possono dare il voto tranquillamente a Ingroia perché non c’è il rischio di perdere le elezioni a favore del centro-destra.
Devo aggiungere un altro elemento assai trascurato. Da queste comprensibili e legittime critiche manca sempre l’elemento fondamentale: il contesto. Favilli, che è storico come me, sa bene che la nostra disciplina, come dice P.E.Thompson, è la «scienza del contesto», ricostruzione delle azioni umane nel loro tempo ed entro i vincoli delle loro possibilità . E allora come possiamo dimenticare in quale situazione storica si svolge il turno elettorale?
Siamo in mezzo alla bufera di una crisi di cui non si vede la fine e l’Italia non è la Francia. E’ un paese il cui rango internazionale si è enormemente abbassato negli ultimi anni, con una classe dirigente fra le più sbiadite e inette dell’ Occidente. L’Italia rischia enormemente nei prossimi mesi e nei prossimi anni, sia lacerazioni incomponibili al suo interno, sia attacchi speculativi, sia ulteriori e irreparabili processi di emarginazione in Europa e nel mondo. E un elemento della sua debolezza è anche (oltre al moderatismo pavido del Pd) la frantumazione continua e illimitata della sinistra. Non bisogna tener conto responsabilmente di questo?
Ora, se è vero che il centro-sinistra rischia di replicare la non proprio gloriosa esperienza dell’Ulivo, non minori probabilità  esistono che a sinistra si rifaccia – non solo nelle procedure, come sta già  accadendo – ma anche nei risultati, l’ingloriosissima esperienza dell’Arcobaleno. A sinistra esiste un arcipelago pulviscolare lacerato e diviso che cerca faticosamente una qualche unità , e che è arrivata assai debole e impreparata alla competizione elettorale. Oggi ha trovato Antonio Ingroia e mi auguro che la sua candidatura possa aiutarla a entrare nel parlamento. Ma anche sul merito di questa investitura occorre ripetere delle considerazioni già  avanzate da altri. Ovviamente, non discuto la figura di Ingroia, magistrato di rango e persona di grande generosità  e coraggio. Peraltro, ha lasciato una carica internazionale prestigiosa, appena agli inizi, per guidare in Italia un’avventura dagli esiti incerti. Ma Antonio Ingroia è uomo di istituzioni, impegnato quanto si vuole, utilissimo per la sua competenza nella lotta politica, ma che cosa c’entra con i movimenti da cui provengono Alba e Cambiare si può? E che cosa c’entra la sua candidatura con le pratiche “dal basso” rivendicate dai movimenti sino all’altro giorno? E’ evidente che la procedura della sua candidatura e della formazione delle liste in nulla si discosta da quella dei partiti che ricorrono alla popolarità  mediatica di un qualche personaggio per rendersi visibili. Dunque, un altro partito a sinistra, l’ennesimo, e anche questo un “partito del leader”. Dov’è l’alternativa?
Dall’altra parte c’è il centro sinistra, che non è solo Pd, c’è anche Vendola, un uomo politico che in molti stimiamo. E, se mi è consentito, molto più interno alla storia della sinistra radicale di quanto non sia Ingroia. Ora, si tende a sottolineare l’impossibilità  che Sel riesca a condizionare il moderatismo del Pd. E’ probabile che ciò succeda. Dobbiamo allora abbandonare Vendola e puntare tutte le nostre carte su una formazione di più adamantina radicalità ? Quando ancora non era apparso Ingroia, io ero per rafforzare quanto c’era già  sul campo. Non “sceglievo”, ma appoggiavo, per così dire, l’esistente. Ma oggi? Non spetta certo a me dare indicazioni di voto, né scoraggiare nessuno dal votare Rivoluzione civile. Ma, ammettiamo (e speriamo) che tale formazione superi, almeno alla camera, lo sbarramento della legge elettorale. C’è da chiedersi: che margini di manovra politica avrà  in parlamento? Può da sola contrastare le politiche neoliberistiche oggi imperanti in Italia ed Europa? E’ evidente che farà  la sua opposizione, ma se vuol realizzare qualcosa dovrà  cercare di allearsi e condizionare le scelte del Pd. Esattamente ciò che deve fare Sel. E non sarebbe preferibile, anche per Rivoluzione civile, che il governo di centro sinistra sia più autonomo dal centro di Monti, con un senato pienamente controllato?
E infine una considerazione sulle prospettive della sinistra radicale come movimento. Una volta messo in piedi questo “partito elettorale”, che cosa ne sarà  di Alba, chi ricucirà  le lacerazioni, le rotture che si sono nel frattempo create all’interno dei gruppi, fra le persone? Chi riprenderà  la ricerca di nuove vie, nuovi modi di fare politica, lo sforzo di creare nuove forme di organizzazione e di connessione valide per tutta la sinistra? Per il momento, se tutto andrà  bene, avremo l’ennesimo partitino di sinistra. Certo, meglio che niente.
(www.amigi.org)

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