Nazioni unite e Fao: tragedia alimentare per guerra e sanzioni

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Sono aperti decine di centri di distribuzione: Damasco, Suwayda, Homs, Aleppo, al-Raqqah, al-Hasakah, Dayr al-Zawr, Quneitra. Prima della gravissima crisi, iniziata ventidue mesi fa, gli aiuti alimentari e di emergenza riguardavano semmai i rifugiati palestinesi e chi scappava dalla tragedia irachena. Ora si tratta di assistere non solo il milione di sfollati interni ma anche le famiglie urbane che per il collasso economico hanno perso ogni reddito e le famiglie rurali (il 46% della popolazione) che non sono riuscite a coltivare. La produzione di grano e orzo si è più che dimezzata: nel 2012 è scesa sotto i due milioni di tonnellate, secondo l’ultimo rapporto della Fao (agenzia dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura), reso noto pochi giorni fa. La produzione di olive è calata del 40% nella regione di Dara’a e quella di ortaggi e frutta del 60% nella regione di Homs. Solo il 45% degli agricoltori hanno condotto un’attività  quasi normale; il 14% non ha raccolto nulla. Tante le ragioni. Gli input agricoli hanno ormai prezzi elevatissimi o sono introvabili, come il carburante. Gli scontri impediscono le attività , soprattutto nel nordest, grande produttore cerealicolo. I canali di irrigazione e le pompe ma in generale le infrastrutture sono distrutti dagli scontri o dai sabotaggi, «ed è chiaro che più il conflitto dura, più tempo servirà  per la ricostruzione» ha dichiarato la divisione Emergenza della Fao che lamenta anche un’assoluta carenza di fondi per assistere l’agricoltura del paese. Le sanzioni Usa, Ue e del Golfo colpiscono tutta l’economia siriana (con il Pil sceso di quasi il 30% secondo l’ Economic and Social Commission for Western Asia (Escwa) delle Nazioni Unite. E per via delle restrizioni imposte alle banche siriane e alle agenzie commerciali, le istituzioni internazionali sono restie a finanziare l’importazione di derrate, proprio quando più servirebbero. La Siria era un buon esportatore di grano fino al 2006. Nel 2008 la siccità  peggiore degli ultimi decenni aveva fatto crollare il raccolto di grano e centinaia di migliaia di persone si erano affollate nelle città . L’impoverimento – del quale il caos climatico è stato corresponsabile – è stato uno dei fattori alla base delle prime manifestazioni. Fra i disastri che segnano questo inverno di guerra c’è anche la distruzione dell’ambiente, in particolare delle esigue aree boschive, come quelle finora conservate nell’area protetta di Jebel Abdel Aziz. A lanciare l’allarme sull’agenzia vaticana Fides l’Arcivescovo siro-ortodosso Matta Roham. Per la scarsità  assoluta di combustibile, nei sobborghi di Hassakè sono stati tagliati anche gli alberi antichi, sotto gli occhi di guardiani che non hanno fatto resistenza contro chi cercava legna da ardere.


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