by Sergio Segio | 31 Gennaio 2013 7:49
BRUXELLES — L’Unione Europea è composta da 27 Stati. I loro leader si riuniranno fra una settimana nel vertice sul bilancio comunitario 2014-2010. Ma ieri uno solo dei 27, Mario Monti, è venuto a Bruxelles per concordarne gli obiettivi con i capi della Commissione e del Consiglio Ue, José Manuel Barroso e Herman Van Rompuy. Oggi volerà a Berlino, per riprendere il discorso con la cancelliera Angela Merkel: sull’agenda, anche i temi della politica e dell’economia italiana. E domenica bis a Parigi, con il presidente francese Franà§ois Hollande, che poi riceverà la stessa Merkel. Vista da Bruxelles, vuol dire che Monti interessa molto all’Europa, o che l’Europa interessa molto a lui: è la lettura spassionata che offre di questa cavalcata una fonte qualificata Ue. Ma la verità è un’altra: Monti è venuto a Bruxelles per preparare un’iniziativa che dovrebbe dominare il prossimo vertice Ue tra una settimana: se la cancelliera Merkel dirà all’Europa, qui o a Berlino, la parola «crescita» in modo definitivo, quella sarà la svolta attesa da tutti. Per questo Monti ha chiesto ai suoi la «riservatezza più assoluta» su questo viaggio a Bruxelles: perché ha voluto preparare in pace molte pedine su una scacchiera, comprese quelle rappresentate dagli eurodeputati italiani che in serata ha ricevuto a lungo nella sua abitazione privata. E per questo, anche, in un dibattito pubblico a tarda sera avverte che, se continueranno le richieste di tagli, «non sarebbe irresponsabile non dichiararsi d’accordo con il bilancio». Il premier è venuto naturalmente anche a sostenere la posizione italiana nella trincea dei fondi europei che altri governi continuano a voler tagliare. «Non è solo una posizione diplomatica — dice chi gli è vicino —: sa bene che in quei fondi c’è un altro volano della crescita, e che su quello ci giochiamo molto, se non tutto». La posta in gioco riguarda lui, Monti, («chiudere» ora il negoziato, altrimenti lo chiuderà un altro primo ministro, dopo le elezioni) ma anche l’intera Ue.
Barroso e Van Rompuy (che Monti incontrerà oggi a colazione) sono già al fianco dell’uomo di Palazzo Chigi. E sia come sia, sono 4 — più il vertice Ue — i governi che in questo momento tracciano la mappa della sperata uscita dalla crisi: Germania, Francia, Italia, Spagna (anche Mariano Rajoy andrà a Berlino dalla Merkel, lunedì prossimo). Mai vi furono consultazioni così intense, nella timoniera della nave comunitaria: forse neppure all’apice della crisi.
E il punto di partenza di tutto è proprio qui, a Bruxelles. Monti arriva all’ora di pranzo, in una città battuta da un vento polare, accompagnato dal ministro degli Affari europei Enzo Moavero e dall’eurodeputato Ppe Mario Mauro. Lo aspetta a tavola, nei suoi uffici al tredicesimo piano della Commissione, José Manuel Barroso (che per la verità ha ricevuto oggi anche il premier ungherese Viktor Orban, ma per discutere soprattutto di temi nazionali). Niente conferenze stampa, nessun comunicato, è prevista solo una foto di rito. Ma il protocollo, questa volta, è a dir poco gelido, quasi misterioso. La sosta davanti ai fotografi è di due secondi, neppure il tempo per un sorriso o una parola. Il pranzo dura un’ora e mezzo, fra i piatti ci sono anche le ultime tabelle statistiche del bilancio. In serata, appuntamento al Palazzo delle Esposizioni «Bozar», per la presentazione-dibattito del libro «La democrazia in Europa», di cui il premier è coautore con l’eurodeputata Sylvie Goulard. In sala ci sono pezzi d’Europa vecchia e nuova: Daniel Cohn-Bendit, il capo degli eurodeputati liberali Guy Verhofstadt, altri testimoni di un’avventura che continua. Grande, e fragile: tanto che a farla cadere, tutti lo sanno, può bastare un litigio sui conti della spesa.
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