Monti e il «caso Financial Times» «Sbagliate le critiche sull’austerity»
ROMA – Nel pieno della campagna elettorale si apre un caso Financial Times-Mario Monti, innescato ieri con il quotidiano britannico che dichiarava il professore «uomo non giusto per guidare l’Italia», mentre l’ex presidente del Consiglio replicava sostanzialmente che si trattava dell’opinione di un editorialista antieuropeista. E oggi il quotidiano finanziario britannico presenta una nuova puntata.
I passaggi sono delicati e conviene procedere in ordine cronologico. Dunque ieri il Ft ha lanciato un attacco molto duro: «Come primo ministro Monti ha promesso riforme che hanno finito per fare aumentare le tasse. Il suo governo ha provato a introdurre modeste riforme strutturali, ma sono state annacquate da insignificanza macroeconomica». Ancora: «Avendo iniziato come un leader di un governo tecnico, è emerso come un politico difficile»; e, rispetto al calo dei rendimenti dei titoli di Stato, «la maggior parte degli italiani sa che questo si deve a un altro Mario, Draghi, il presidente della Banca centrale europea».
Monti replica dal Tg2 che in verità non si aspettava una cosa simile da quella testata, ma dal suo autore sì: «Wolfgang Mà¼nchau, uno specifico editorialista che ha una notoria frustrazione verso la politica economica del governo tedesco, ha una vecchia polemica con Merkel e vorrebbe che tutti dessero colpi d’ariete per far saltare l’eurozona». Inoltre, continua il presidente del Consiglio dimissionario, «l’Italia ha dato un forte contributo per migliorare il funzionamento dell’eurozona. Senza il nostro risanamento in tempi così brevi e la nostra azione per lo scudo anti-spread anche la Bce non avrebbe potuto fare il molto che ha poi fatto».
La cosa non finisce lì. Perché ieri Monti ha anche inviato una lettera con il suo pensiero al quotidiano della City: «Per spiegare che noi siamo stati quelli che più hanno smosso le politiche europee insieme a Mario Draghi. Tutto questo non sarebbe stato possibile se non avessimo messo a posto i conti e poi non avessimo fatto approvare il meccanismo anti-spread». Aggiungendo che certamente il lavoro non è finito, e proprio per questo «sono entrato nell’arena politica, per supportare le forze provenienti dalla società (e ce ne sono tante) che vogliono che il Paese cresca attraverso il cambiamento, il merito e il rispetto della legge».
E oggi il giornale di Londra pubblica anche un altro editoriale. Attribuendo sia «al governo tecnico guidato da Mario Monti che all’azione decisiva della Bce» il merito di un recupero della credibilità fiscale italiana. «Però l’economia è ferma nella recessione più lunga registrata dalla Seconda guerra mondiale», la competitività «non ha fatto passi avanti» e la produttività «è stagnante». Quindi, per risolvere i problemi, «serve un leader degno di fiducia con un programma economico credibile».
Quale? Il Financial Times boccia senza appello Silvio Berlusconi, che «ha portato il suo paese sull’orlo del precipizio fiscale». Poi parla di Pier Luigi Bersani e Mario Monti: «Entrambi hanno credibilità personale» e ne hanno dato prova durante i loro rispettivi incarichi al governo; «Bersani ha varato molte riforme, compresa la liberalizzazione delle professioni legali e delle farmacie. Monti, nel frattempo, gode della fiducia degli investitori e degli alleati dell’eurozona». Però, secondo il commentatore, nessuno dei due ha ancora messo a punto una convincente visione economica per il Paese. «Il leader democrat deve provare che non diventerà ostaggio dell’ala sinistra del suo partito, che si oppone a riformare un inefficiente mercato del lavoro. E Monti ha ragione a parlare di taglio delle tasse, ma deve spiegare dove troverà i risparmi necessari per attuarlo».
Infine viene suggerita una ricetta, visto che «l’Italia ha il potenziale per tornare a una crescita sostenibile» grazie al suo settore manifatturiero orientato all’esportazione e alla qualità della sua forza lavoro. E allora, «Monti e Bersani usino il voto del mese prossimo per portare avanti l’idea di un nuovo inizio. Questo consentirà agli elettori di compiere una vera scelta sul futuro dell’Italia».
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