Monti contestato al primo comizio “Ma con me Italia in A anche senza aiuti”

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ROMA — Fischi a Concordia e un uovo che colpisce il sindaco di un comune terremotato. Fischi a Mirandola. Mario Monti fa campagna elettorale nelle zone del sisma e subisce la contestazione. Ma è il prezzo che deve pagare per “attenuare” l’immagine del freddo tecnico che la televisione non riesce a scaldare. Ha bisogno del confronto con la folla. Così si spiega anche la passeggiata dell’altro giorno in Corso Buenos Aires.
In Emilia il premier rivendica la carta migliore del suo governo: la stabilità  finanziaria e la credibilità . «In alcune occasioni ci sono state leggere pressioni affinchè l’Italia chiedesse prestiti di salvataggio, sarebbe stato molto rassicurante dire di sì perchè non avremmo corso il rischio di far saltare il Paese. Ma senza quegli aiuti oggi l’Italia è un paese di serie A, altrimenti sarebbe stato di serie B». L’invito è a pesare i risultati dell’esecutivo. E a non vanificare l’impegno dell’ultimo anno. «Noi italiani — dice Monti — ce l’abbiamo fatta con le nostre forze, dando grande prova di maturità , con un sacrificio collettivo. Adesso abbiamo una fierezza di essere italiani che non avremmo avuto se fossimo dipesi dal sussidio economico dell’Europa ».
Pier Luigi Bersani corregge questo giudizio. Abbandona il tono da battaglia, non sbrana e ritorna sul binario di una campagna elettorale più rassicurante. Se la parola d’ordine è coesione e cambiamento non si può fare ogni giorno la guerra. Ma per Monti ci sono parole critiche. «Io dico che quando governi son tutti figli tuoi», dice il segretario al Tg1 parlando dei continui riferimenti del Professore all’asse privilegiato del Pd con la Cgil. «Quando sei a Palazzo Chigi — spiega Bersani — devi sapere dove andare, dove portar le cose. Poi essere d’accordo con tutti non è obbligatorio, ma bisogna parlare con tutti, perchè se si parla con tutti si commettono meno errori. E qualche errore è stato fatto anche nell’ultimo anno». Brucia un po’ meno anche il caso del Monte dei Paschi di Siena, dopo la giornata delle minacce seguita alle dichiarazioni di Monti sul coinvolgimento del Pd nel caso. Bersani propone di nuovo fondazioni bancarie meno determinanti nella governance degli istituti, lo stop ai derivati e alla finanza creativa. E si augura poteri commissariali per i i manager attualmente in sella all’istituto senese. Il vero contrattacco il Pd lo prepara per domani in aula alla Camera quando il ministro dell’Economia Grilli riferirà  su Mps.
Eppure i canali con il Centro non sono interrotti. L’interlocutore adesso è Pier Ferdinando Casini. Il leader dell’Udc si limita a dire che sul Monte «Bersani ha un po’ esagerato. I legami tra Pd e banca li conoscono tutti. Ma dopo anni di dolo, i democratici stanno facendo pulizia con il sindaco Ceccuzzi». Quest’ultima parte è stata segnalata dagli “ambasciatori” centristi ai “diplomatici” del Pd. Bersani e Casini non si sono parlati al telefono, ma il messaggio è stato raccolto a Largo del Nazareno. Da qualche giorno l’Udc, all’insaputa di Monti, si propone come sponda utile in Senato all’indomani del voto. Forte non solo dei 12 senatori sicuri che il partito eleggerà  a Palazzo Madama. In via riservata Casini ha fatto sapere al Pd di poter contare su una pattuglia maggiore garantendo che 4-5 senatori della “quota Monti” vanno in realtà 
ascritti all’Udc.


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LA CATASTROFE MODERATA

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Non dirò certo che la caduta del governo Letta era prevedibile. Profezia troppo facile per chi l’ha avversato prima ancora che nascesse. Quel che è da capire è altro e più importante per l’avvenire.

PROTEGGERE LA DEMOCRAZIA

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QUESTE parole le scrivo per lanciare un allarme.
La riforma della legge sul voto di scambio così com’è stata approvata alla Camera dei deputati non sembra affatto utile a disarticolare i rapporti tra mafia e politica: anzi rischia di essere solo poco più di una messa in scena. Bisogna andar per gradi e capire i motivi di questo allarme.

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