L’unica cosa che non si taglia in Grecia

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La crisi economica dell’eurozona e le conseguenti misure di austerità  adottate dai governi negli ultimi anni hanno avuto ripercussioni anche sulla NATO, tanto da spingere il segretario generale Anders Fogh Rasmussen a rilanciare in diverse occasioni la necessità  di un incremento della spesa militare da parte dei paesi alleati. A novembre 2012, durante l’Assemblea parlamentare della NATO svoltasi a Praga, Rasmussen ha spiegato che soltanto due paesi europei dell’alleanza spendono al momento più del 2 per cento del loro Prodotto Interno Lordo per la difesa: uno di questi due paesi è la Grecia. Ed è singolare, visto che la Grecia più di tutti gli altri paesi della NATO ha dovuto sottoporsi a tagli durissimi su quasi ogni capitolo della sua spesa pubblica. Quasi, appunto.

(Chi spende di più per la difesa?)

In Grecia la terribile crisi finanziaria e le pesanti misure di austerità  concordate dal governo con il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea e l’Unione Europea in cambio di due prestiti internazionali hanno causato negli ultimi due anni un forte contenimento dei conti pubblici, con tagli drastici alle pensioni, alla salute, ai trasporti e all’istruzione. L’unico settore a non aver subito un ridimensionamento netto è stato proprio quello della difesa, passando dal rappresentare il 3 per cento del PIL nel 2008 al 2,1 per cento del PIL dello scorso anno. “In termini relativi le spese per la difesa sono state ridotte, ma il budget a disposizione delle forze armate è ancora molto alto ed è stato largamente risparmiato dalla durezza dei tagli imposti alla classe media”, ha detto al New York Times Alexander S. Kritikos, docente greco di economia a Berlino.

I quasi 10 miliardi di euro che il governo greco ha speso nel 2012 per i propri armamenti rendono la Grecia il secondo paese dopo gli Stati Uniti, tra i 27 della NATO, a spendere di più in proporzione per le proprie forze armate. Il 73 per cento del budget serve a coprire i costi del personale (una delle percentuali più alte tra i paesi alleati), per un esercito che però impiega soltanto 10 (dieci) soldati nella missione in Afghanistan (a fronte di 102.011  totali, provenienti da 50 paesi) e 118 soldati nella missione in Kosovo.

Secondo alcuni analisti il budget per la difesa greco è alto per alcuni motivi storici: l’influenza delle forze armate in un paese che è stato governato a lungo da una giunta militare e il pericolo percepito dalla vicina Turchia, nonostante il miglioramento dei rapporti diplomatici degli ultimi anni, su cui le società  produttrici di armi hanno sempre fatto leva. Un altro motivo per giustificare i costi altissimi della difesa potrebbe essere il rischio di mandare a casa migliaia di giovani soldati che andrebbero a incrementare il numero di disoccupati, già  tra i più alti in Europa.

Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), un istituto internazionale indipendente col compito di condurre ricerche scientifiche in materia di conflitti e cooperazione, nel 2010 i maggiori beneficiari della spesa greca per la difesa sono stati gli Stati Uniti, che hanno fornito alla Grecia il 42 per cento delle armi, seguiti dalla Germania e dalla Francia, proprio i due più influenti paesi europei nonché i principali contribuenti del fondo di stabilità  comunitario.

(Da dove vengono i guai della Grecia)

Questa contraddizione è stata notata più volte, e nel 2010 un articolo sul Wall Street Journal aveva detto persino che Francia e Germania avessero imposto l’acquisto di sottomarini, navi, elicotteri e carri armati come condizione per sbloccare il piano di aiuti alla Grecia: non emersero prove e i governi smentirono rapidamente queste voci. Quello che è noto è che dal 2004 al 2009, durante il governo di Kostas Karamanlis, del partito di centrodestra Nuova Democrazia, la Grecia acquistò dalla Germania 170 carri armati panzer Leopard per 1,7 miliardi di euro e 223 cannoni dismessi dalla Bundeswehr, la Difesa tedesca. Prima della fine del suo mandato Karamanlis ordinò anche 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp. Il successore di Karamanlis, il socialista Papandreou, congelò l’acquisto e rifiutò di farseli consegnare: dopo aver ordinato una perizia tecnica sui sottomarini, che evidenziò problemi strutturali, a marzo del 2011 fu costretto a trovare un accordo che impose l’acquisto di due sottomarini al prezzo di 1,3 miliardi di euro e di altri 223 carri armati panzer per 403 milioni di euro.

foto: LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images


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