Lo spread cade sotto quota 250 punti

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ROMA — Continua la discesa dello spread sulla scia del secondo risultato positivo consecutivo messo a segno dal Tesoro con l’asta dei Btp triennali, i cui tassi sono calati di ben più di mezzo punto.
In una giornata in cui anche la Borsa di Milano ha incassato un nuovo, anche se lieve, progresso del listino, il differenziale tra i rendimenti dei Btp decennali e dei Bund di uguale durata è sceso sotto quota 250, a 248 punti base, per poi risalire e chiudere a 253 punti, il nuovo minimo da luglio 2011. Il tasso del titolo italiano è calato al 4,13%, dopo aver toccato il 4,08%, ed il ribasso ha riguardato, anche in misura maggiore, i Btp di più breve durata.
Andamento positivo anche per i Bonos spagnoli il cui spread con i Bund decennali ha raggiunto i 330 punti. Secondo il vicepresidente della Commissione Ue, Olli Rehn, (che ha fra l’altro invitato l’Italia a non abbandonare la strada del consolidamento fiscale nel valutare l’ipotesi di una revisione, comunque non facile, dell’Imu) la riduzione dello spread Btp-Bund, che dall’autunno del 2011 si è dimezzato, consente per ogni 100 punti base di rendimento un risparmio di 3 miliardi solo nel primo anno.
A far restringere i differenziali contribuisce certo, favorito dalle previsioni e dalla politica della Bce di Mario Draghi, il ritorno di fiducia sui titoli italiani e dei paesi periferici considerati meno rischiosi di prima, ma anche il rialzo dei tassi tedeschi arrivati all’1,59%.
C’è da dire pure che a ravvivare le aste di Roma, come di Madrid, è la liquidità  smobilizzata dai Bund tedeschi che in emissione hanno per lungo tempo registrato tassi negativi, portando gli investitori, ora che la paura sulla tenuta dell’euro è passata, a doversi rifare con investimenti più convenienti. Come lo sono, seppure con i tassi in calo, i titoli italiani. E lo si è visto dopo l’asta dei Bot di giovedì anche ieri in quella dei Btp triennali e dei Cct. Quanto ai primi il Tesoro ha collocato il massimo dell’offerta pari a 3,5 miliardi a fronte di una domanda per 5,1 miliardi con un rendimento dell’1.85%, in flessione di ben 65 punti base rispetto a quello dell’asta precedente di metà  dicembre.
Anche più elevata la richiesta sui due Ccteu, offerti per 3,8 miliardi complessivi (2,3 miliardi sul titolo giugno 2017 e 1,5 sull’ottobre 2017). Il rendimento di aggiudicazione del primo titolo è stato pari a 2,17%, in riduzione di 239 punti base dalla precedente asta di fine settembre. Per il secondo titolo, il rendimento è stato pari a 2,34%, ma in questo caso il confronto è poco significativo poiché l’asta precedente è dell’ottobre 2011.
Positiva anche la giornata di Borsa che ha visto il rialzo di tutti i listini seppure in frenata dopo l’apertura negativa di Wall Street, condizionata dal deludente dato sul deficit commerciale negli Stati Uniti, risultato più ampio delle stime a novembre: Milano ha segnato un guadagno dello 0,29%, Francoforte dello 0,09%, Parigi dello 0,08%, Londra dello 0,33% e Madrid dello 0,53%. I rialzi sono stati contenuti dunque ma segnalano continuità : Piazza Affari ha realizzato un progresso del 13% nell’ultimo mese e del 17% dal 16 novembre, da quando cioè è iniziato il recupero. Una ripresa che accomunerebbe tutti i listini, coinvolti in quella che gli operatori chiamano la «grande rotazione», la great rotation. Cioè lo spostamento di capitali da investimenti meno rischiosi, come le obbligazioni, su titoli più rischiosi ma anche più convenienti. Sarebbe insomma quella liquidità  in fuga dai rendimenti negativi o prossimi allo zero di titoli sicuri, come si è detto per esempio, quelli dei Bund tedeschi e simili o di altre obbligazioni supertranquille che si sposta in cerca di tassi migliori.
In attesa di vedere se la grande rotazione proseguirà , sostenendo il trend rialzista delle Borse, l’euro ieri ha continuato la sua marcia di rafforzamento sul biglietto verde. La moneta unica ha superato la soglia di resistenza di 1,33 dollari scambiando in chiusura 1,334 contro dollaro, 118,80 contro yen e 0,828 contro sterlina inglese. Nonostante l’indebolimento della valuta Usa la quotazione dell’oro scende di circa un punto a quota 1.660 dollari a oncia.


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