«L’ascesa del Pdl e il calo di Grillo sono entrambi effetti della tv»

by Sergio Segio | 16 Gennaio 2013 7:12

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Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing, fa il punto sui sondaggi in questa fase che precede la par condicio. La lista di Beppe Grillo, in soli 45 giorni, è scesa dal 16 al 12 per cento, mentre quella del Pdl è salita dal 13 al 18, percentuale alla quale si deve aggiungere l’1,5 di Fratelli D’Italia. Due fenomeni collegati, secondo Noto: «Il Cavaliere sta recuperando i voti di quella parte di elettorato che si riconosce in un leader che alza la voce. E che, di recente, aveva scelto Grillo». Nonostante le diversità  ideologiche? «Certo. Sono scelte che prescindono dai contenuti e sono legate a una protesta, un po’ qualunquista, slegata dall’appartenenza. Berlusconi ha una parte di elettori e una di pubblico, che lo vota perché gli piace la persona». La presenza in tv ha favorito la riconquista dei voti persi? «L’irruzione mediatica è stata decisiva, ma è difficile capire se l’effetto durerà ». La tv è stata importante, paradossalmente, anche per Grillo, che nel piccolo schermo non ci vuole andare: «Quando Grillo era soltanto in rete era al 7 per cento. Quando è diventato una notizia e i talk show lo hanno ripreso, è arrivato fino al 19 per cento. Ora, con la campagna elettorale e la par condicio, la sua figura avrà  meno fascino e potrebbe tornare a scendere». Un altro protagonista della tv di questi giorni è Mario Monti. Il premier ha dismesso il loden e indossato i guanti da combattente: «Ha fatto bene — spiega Noto —. Il Monti politico è molto più comunicativo ed efficace del Monti premier». La sua Lista è in crescita: «Voti presi in parte agli indecisi; in parte al Pd, che senza Monti era al 34-35 e ora è al 31; e in parte all’Udc, che prima valeva il 5,6 e ora 3,5 per cento». Bersani è stato tra i leader meno presenti in tv: «Ha scelto un metodo di campagna che è appannaggio tradizionale del Pdl: i cartelloni 6 metri per 3. Una scelta che, tutto sommato, non gli ha dato ragione, visto che il centrosinistra è in flessione». Chi sale è invece la lista di Ingroia: «Funziona perché riempie un vuoto dell’offerta politica. Ma i suoi sostenitori provengono solo per metà  dalla sinistra radicale. L’altra parte non è fatta da estremisti di sinistra, ma solo da persone deluse da questo centrosinistra». Infine la Lega, che paga anche l’accordo con il Pdl e scende al 5 per cento. Quanto alle regioni chiave, l’Ipr vede in vantaggio il centrodestra nel Veneto (8 punti) e il centrosinistra in Campania (3 punti): «Quanto a Lombardia e Sicilia sono quasi pari: sarà  un terno al lotto».

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