Liste Pdl, duello tra Alfano e Verdini
ROMA — Di sicuro sulle liste del Pdl ci sono due cose: «Che Berlusconi è candidato, e che litigheremo fino all’ultimo minuto utile, come per noi è tradizione…». E’ uno dei pochi sorrisi che si strappano in via dell’Umiltà , dove ormai da giorni e giorni sono barricati i vertici di un partito nel quale si stanno combattendo decisive guerre di potere.
Mentre si tenta di porre freni alla sfilata dei tanti deputati e senatori che cercano la ricandidatura (nei giorni scorsi il buon alibi era che «stiamo lavorando agli apparentamenti», ora il filtro è più difficile), Alfano, Verdini, in tavoli allargati a Lupi, Fitto, Matteoli, Casero, Fontana e ieri ai vari coordinatori regionali, lavorano a griglie ristrette con una consapevolezza: degli oltre 240 deputati uscenti del partito, meno della metà saranno ricandidati. E questo perché si calcola in «110-115» il numero degli eletti certi, basandosi su un Pdl attestato alla fine sul 22-23%, risultato che ieri Berlusconi ha assicurato ai suoi che «abbiamo già raggiunto» lasciando più d’uno perplesso.
Saranno dunque decisivi i criteri di selezione (dal pagamento dei contributi al partito, al numero di legislature che non deve superare le tre complete all’età non oltre i 65-70 anni) e il numero di deroghe che verranno concesse, tenendo conto che per quasi tutti i ministri, oltre che per i capigruppo, la ricandidatura dovrebbe essere certa. Ma il vero nodo che sta spaccando il partito in queste ore è quello delle candidature degli inquisiti. Perché, per capire anche i pesi che avranno le varie anime del Pdl, bisognerà vedere chi vincerà il braccio di ferro tra i sostenitori della linea «giustizialista» portata avanti da Alfano, che ieri ha avvertito come «sulle liste abbiamo gli occhi di tutti addosso», e quelli della linea «garantista», capeggiata da Verdini, sostenuta dai falchi come la Santanché («Tutti gli inquisiti vanno ricandidati, le liste non le fanno i magistrati»), in quello che è diventato un ruvido scontro di potere dei due uomini forti del Pdl.
A decidere la sorte di Dell’Utri, Cosentino, ma anche di Milanese, Papa, Cesaro sarà una «commissione di nostri parlamentari avvocati» ha annunciato ieri il Cavaliere, che in mattinata con i suoi erano stato molto cauto: «Dobbiamo essere capaci di decisioni difficili, perché non possiamo esporci a critiche». La sensazione è che Cosentino alla fine sarà candidato in Campania, forse anche Cesaro, mentre le porte resteranno chiuse per Milanese e Papa e anche per Dell’Utri, che potrebbe essere ripescato al Senato in Sicilia da Micciché anche se i posti sicuri per Grande Sud in Sicilia sarebbero già appaltati (dei 4, tre andrebbero a Lombardo e Romano).
Si torna dunque al numero esiguo di candidature certe, a un partito in subbuglio sul territorio che rifiuta «i paracadutati» e di nuovo allo scontro di anime nel Pdl. Quella dei fedelissimi berlusconiani, per dire, vuol farla pagare a chi — da Sacconi a Quagliariello, da Roccella ad Alemanno — ha flirtato troppo con Monti: se e in quale posizione di lista saranno ricandidati uomini vicini ad Alfano è una delle battaglie delle prossime ore. E mentre cercano di farsi spazio nelle liste Pdl dalla Polverini (dirottata però su Grande Sud) a Lotito, mentre Mastella tratta in Campania per il Senato, mentre Scajola insiste che lui ci sarà mentre dal partito avvertono che «sulla casa ha ancora un’inchiesta…», mentre monta l’ostilità su Formigoni che non sarà ai primi posti al Senato, Berlusconi batte cassa: «Vi chiedo almeno dieci posti blindati per candidati della società civile che hanno accettato di correre con noi», ha avvertito ieri. Provocando un brivido sulla schiena, stavolta unitario, nei vertici del Pdl.
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