Liste civetta, rabbia di Grillo: potrei lasciare

by Sergio Segio | 13 Gennaio 2013 8:37

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ROMA — Sono già  174 e non è finita. Intanto manca quello «pesante» del Pdl. Poi c’è tempo fino alle quattro di questo pomeriggio per presentarsi al Viminale a depositare i simboli per le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio. Ma sarà  dura bissare il record del 1994, a quota 320.
E se il big del centrodestra si lascia desiderare come una star, ieri invece i 7 schieramenti del centrosinistra si sono fatti identificare al ministero dell’Interno: il Pd del capo coalizione Pier Luigi Bersani ha il numero 141 (conquistato dal veterano Luciano Gesuelli, che consegna loghi dal 1958, dalla Dc a oggi), Sel di Vendola lo precede con il 138. Poi c’è il Megafono di Crocetta (134), la Sà¼dtiroler Volkspartei con stella alpina (136), il Centro Democratico di Tabacci (137), il Psi di Nencini (139).
Nell’affollato logo numero 170 del Carroccio, portato da Calderoli, c’è spazio per il marchio Lega Nord, Alberto da Giussano a cavallo, il nome Maroni (che oggi però verrà  tolto) e un cerchietto con scritto TreMonti e 3L. L’ultimo simbolo arrivato, finora, è quello de La Destra di Storace (174). La speciale «smorfia» di questa tornata elettorale segnala poi l’Udc con scudo crociato di Casini al 67 e l’Idv con gabbiano di Di Pietro al 109.
Ma la questione più spinosa resta quella dei simboli «tarocchi» nati per disturbare e togliere voti a quelle scopiazzate. «Se ce ne sarà  uno confondibile con il nostro, non parteciperemo e se ne prenderanno le responsabilità » minaccia via blog Beppe Grillo, inferocito per le Cinque Stelle «abusive» che rischiano di confondere i potenziali elettori del M5S.
Lo rassicura l’ex titolare dell’Interno Beppe Pisanu: «Il simbolo Cinque Stelle è già  comparso in altre competizioni elettorali e quindi non c’è dubbio che verrà  riconosciuto a lui». Pier Ferdinando Casini invece lo attacca: «Grillo sta facendo una sceneggiata, perché non corre nessun rischio. La sua notorietà  ha la prevalenza su tutto il resto». E insinua: «Lo fa perché si parli di lui». Solidale invece Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia che scrive su Twitter: «Taroccare il simbolo del Movimento 5 Stelle per impedire a Grillo di correre è una porcata che mi auguro non sia consentita. Non si ingannano gli italiani».
Diversa la questione per le liste di Monti e di Ingroia, insidiate pure loro da abili imitazioni «civetta», in quanto sono delle debuttanti.
Scaduto il termine per la presentazione, comunque, il Viminale avrà  due giorni di tempo per verificare la regolarità  dei contrassegni. Probabile che qualcuno venga depennato. Qualora invece sia accertato un difetto rimediabile, il titolare avrà  48 ore di tempo per correggerlo.
Non è solo un problema di identità  rubata. Alle amministrative del 2011, a Torino, due omonimi del candidato sindaco Michele Coppola (più una surreale lista Co.Po.La, comitato popolare latino) intercettarono la bellezza di 16 mila preferenze.
Quanto al resto dei pretendenti al voto, è noto che la tenzone elettorale scatena l’estro creativo più scellerato. Ecco perciò scendere in campo il movimento «Bunga Bunga» (119): il programma non è esplicitato, nel simbolo ci sono tre cerchi tricolori e due omini, uno che prende a calci l’altro. Al 50 c’è «Stato ladro, forza evasori», all’81 torna Ilona Staller-Cicciolina con il Dna («Democrazia, natura e amore»). Forse per la fretta di correre al Viminale, gli ideatori di «Recupero maltolto» (32), con l’euro nel tondo, scrivono che «l’aqua» è un bene comune. La grammatica pure.
Il 115 è della «Quinta Stella» (ingenuo, come tarocco), al 116 spunta un sognante «Alba dorata Italia», al 133 la «Rosa Nera», partito di omosessuali di destra di Salvatore Fiorello (ballerino e — dice — cugino di Rosario), al 26 c’è la confusione di chi chiede consensi per «Io non voto», al 90 un classico: «Forza Roma». Al 42 il simbolo dei tartassati fiscali: «Noi consumatori-Liberi da Equitalia». Che, oltre che con Berlusconi, potrebbero gemellarsi con il 50 di «Forza evasori-Stato ladro».
Al 100 il masochista «Dimezziamo lo stipendio ai politici»: fossero mai eletti, dovrebbero tagliarsi anche il proprio.

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