«Io con chi sto? Con le riforme Dal Cavaliere armi improprie»

by Sergio Segio | 3 Gennaio 2013 8:46

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ROMA — «Persino» Berlusconi ha talvolta, in fondo, idee condivisibili. È in quel «persino», su un argomento come il profilo migliore dei candidati in Parlamento, che Monti misura la sua distanza dal Cavaliere. Mentre l’idea di istituire una commissione d’inchiesta sul presunto complotto internazionale a danno del precedente governo, lanciata dall’ex premier, merita ironia: «Un’idea interessante, stravagante, tardiva, ben venga».
Nella sua prima intervista da candidato premier Monti ne ha per il Cavaliere, in modo ironico talvolta, in modo duro e diretto talaltra, ma ne ha anche per il Pd, nel cui schieramento si trovano esponenti come «Vendola e Fassina, che vogliono conservare, per nobili motivi e in buona fede, un mondo del lavoro cristallizzato, iperprotetto rispetto ad altri Paesi». Invece «io sono per avere in Europa una tutela ancora più avanzata dei lavoratori, ma con condizioni che favoriscano la creazione di posti di lavoro».
È più diretto di altre volte, cerca di prendere le misure con un mestiere, quello del politico, che non ha mai fatto. È la sua prima campagna elettorale e Monti non nasconde di essere ancora in rodaggio, di non essere ancora del tutto a suo agio: «Sono stato duro?», si domanda alla fine dell’intervista; «in realtà  mi sembra di essere stato troppo morbido».
Intervistato dal direttore del Gr, Antonio Preziosi, di prima mattina, su Radio1, il capo del governo parla dei suoi antagonisti. Del complotto di cui l’accusa Berlusconi dice fra le altre cose: «Complotti contro l’Italia? Siamo seri, siamo adulti. Berlusconi in queste settimane ha oscillato, con armi a dir poco improprie, come il richiamo ai valori delle famiglie che sarebbe assente nei miei propositi, cosa che si commenta da sé». In sintesi: «Berlusconi mi confonde sul piano logico». E se mi definisce «un leaderino», «in altri momenti, in cui allora sarei stato leaderone, mi ha generosamente chiesto di prendere la guida dei moderati. Sembra un secolo fa ma era poco tempo fa. Ha detto che il governo ha fatto solo disastri e in altri momenti che ha fatto tutto quello che era possibile. Spero che gli elettori siano meno confusi di me».
Prima di parlare del Pd il Professore offre anche la sua disponibilità  ad un confronto radiofonico, con gli altri candidati: «Se le regole lo permetteranno e senza aspettare che lo impongano accetto un confronto radiofonico».
Bersani gli ha chiesto di essere più chiaro sulla sua collocazione politica. Lui aveva detto nei giorni scorsi di non sentirsi nè di centro, nè moderato, semmai progressista, riformista. Ieri mattina ha approfondito così l’argomento: «Non vedo ostilità  di Bersani», ma se il leader del Pd domanda che posto avrò in Europa «mi permetto di essere molto immodesto. Credo in Europa di essere conosciuto per quello che in Europa ho fatto, da commissario e in questi difficili 13 mesi da premier. Credo di avere un posto mio nell’opinione dei colleghi europei e se dovessi ancora essere primo ministro, sarei membro del Consiglio con una certa incisività , enormemente più importante di sapere in quale famiglia politica siederei». Dunque: «Bersani mi ha chiesto di dire con chi sto, rispondo che io sto per le riforme che rendono l’Italia competitiva e creano lavoro».
Affiora nell’intervista la consapevolezza di aver rinunciato ad un profilo. Il Quirinale, senza un suo impegno politico, poteva essere a portata di mano? «Non è mai stato mio obiettivo, chi può proporsi un obiettivo di quel livello? Ma gli osservatori politici dicono che quella sarebbe stata un’eventualità  probabile, oggi forse meno probabile». E c’è da ammettere che «la salita in politica è un’operazione che trasforma dentro la mia coscienza, ho sempre voluto essere sopra le parti. Sarei stato sopra le parti, forse al Quirinale, come aveva prospettato qualcuno, ma sarei stato utile? Oggi sono meno sopra le parti, ma dalla parte del Paese».
In tema di programmi gli obiettivi prioritari sono «ridurre la tassazione che grava sul lavoro, sulle famiglie e sulle imprese e parallelamente ridurre la spesa. C’è bisogno di un sistema sanitario che funzioni meglio e di un sistema fiscale che consenta la redistribuzione del reddito dai più ricchi ai più poveri». E mentre nel suo bilancio di un anno di ministro, Elsa Fornero dice che voterà  per Monti, il premier esprime la sua soddisfazione su Twitter per il raggiungimento della soglia di spread che aveva fissato (287), la metà  di quella ricevuta in eredità  dal governo precedente: «Finalmente».

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