L’illusione di giocare la partita al centro. Ma il Pd persevera

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In questa ultima fase tutte le scelte di questo partito, dalle candidature che hanno pescato solo nel cosiddetto centro moderato alle ultime esternazioni anche dei suoi esponenti “giovani turchi” tutte tese a rassicurare per il futuro sulla necessità  di continuare con qualche leggera correzione sulla linea intrapresa dal governo Monti, mostrano un Pd che ha spostato il suo asse politico a destra nell’illusione che la partita si giochi solo al centro. Un copione già  visto che ha portato solo sconfitte al centrosinistra.
Nei giorni scorsi un gruppo di intellettuali e sindaci di sinistra ha sottoscritto un appello in cui si invitavano le forze di sinistra e di centrosinistra a ricercare la più ampia unità  possibile intorno ad un programma comune o almeno la disponibilità  all’unità  democratica contro il pericolo della destra in tutte le sue manifestazioni per non disperdere le energie davanti al rischio che si costituisca al Senato una maggioranza diversa da quella della camera o, peggio, che conservatori e destre vincano. L’appello parte dalla convinzione che il centro sinistra può avere una speranza di vittoria solo se fa il pieno dei voti a sinistra.
In questi giorni da parte in primo luogo del Pd più che ricercare una convergenza a sinistra si punta come nel 2008 al voto utile nell’illusione dell’autosufficienza del centrosinistra. Allora il risultato fu una sconfitta clamorosa. Sappiamo che l’unità  è difficile ma perché rifiutare a priori, le offerte di disponibilità  al dialogo offerte da Ingroia. Temiamo che questo rifiuto sia dettato dalla convinzione tutta subalterna della ineluttabilità  di governare con il centro.
Il voto utile questa volta non è quello condizionato dalla paura di Berlusconi, ma quello che vuole cambiare l’agenda politica del paese e la politica berlusconiana e montiana.
Il futuro governo non potrà  limitarsi a fare i “compiti a casa” dettati da altri, come ha fatto il governo Monti, il quale ha perseguito un’austerità  senza equità  e senza sviluppo. Il paese richiede una svolta che metta al centro la questione morale, l’ambiente, il rafforzamento del welfare e ridia fondamentalmente centralità  al lavoro. L’alternativa alla demagogia populistica non è Monti, né la continuità  con la linea seguita dal suo governo, ma una vittoria elettorale del centrosinistra in grado di coniugare rigore e sviluppo. Non è vero che di fronte al ricatto esercitato dai mercati finanziari si può solo gravare sul prezzo e sui diritti del lavoro estendendo disoccupazione e precariato per guadagnare produttività . Questa è la strada del degrado e della rovina economica. L’avvenire sta nella ricerca e nell’innovazione, nella valorizzazione dell’ingegno e dello studio, nella difesa e nella messa in valore dell’inestimabile patrimonio di cultura e di natura che l’Italia possiede nello sforzo solidale rispettoso dei diritti del lavoro.
Senza questa chiarezza il centrosinistra può solo perdere ulteriore consenso deludendo le persone che hanno partecipato alle primarie. La politica non è solo scelta di persone. Ma scelta di contenuti convincenti e alternativi alla deriva monetarista che sta ammazzando il paese.


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DAL POTERE DI REVISIONE A QUELLO COSTITUENTE

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    Le forze politiche, anziché seguire, per la revisione costituzionale, l’unico percorso costituzionalmente legittimo – quello, semplice e diretto, tracciato dall’articolo 138 – hanno da tempo deciso che, per l’approvazione delle leggi costituzionali concernenti la forma di Stato, la forma di governo e il bicameralismo perfetto, dovesse essere seguita – sulla falsariga delle Commissioni Iotti (1993) e D’Alema (1997) – una procedura appositamente disciplinata dal disegno di legge costituzionale n. 813 AS (di seguito, ddl), che diverge dalla normativa costituzionale almeno sui seguenti punti:

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