by Sergio Segio | 30 Gennaio 2013 8:40
Ambientato nella campagna friulana degli anni Trenta, Gli ultimi racconta le sofferenze e la maturazione dell’undicenne Checo, figlio di poverissimi contadini, soprannominato con disprezzo «spaventapasseri». Lo spunto viene da un racconto semi-autobiografico di padre Turoldo («Io non ero un fanciullo») in cui si intrecciano i temi centrali della sua opera poetica — i ricordi dell’infanzia, la figura della madre, la miseria vissuta con dignità — che il film restituisce con una chiave stilistica di «assoluta severità estetica» (per usare le parole di Pasolini) e di «schietta e alta poesia» (per usare quelle di Ungaretti). Grazie anche alla forza espressiva di attori assolutamente non professionisti, «che non vengono dalla strada ma dai solchi delle campagne», come spiegò lo stesso Turoldo: il piccolo Adelfo Galli, scelto tra i bambini ospitati a Nomadelfia; Lino Turoldo, fratello di padre David, chiamato a interpretare il padre di Checo (contadino da sempre, contento dell’esperienza cinematografica perché fu pagato 130 mila lire, ma ben deciso poi a tornare subito al suo lavoro nei campi), oltre ad altri abitanti di Coderno di Sedegliano, il paese natale di Turoldo.
Praticamente autoprodotto, Gli ultimi fu presentato nel 1962 alla commissione di selezione del Festival di Venezia, che lo bocciò. Il film fu comunque proiettato in una saletta del Lido a un gruppo di critici, tra cui Guido Aristarco, che suggerì al regista qualche taglio e aggiustamento. Così, ridotto da 96 a 88 minuti, fu presentato per la prima volta il 31 gennaio 1963 al Cinema Centrale di Udine dove torna adesso dopo cinquant’anni esatti, restaurato dalla Cineteca del Friuli in collaborazione con Cinemazero di Pordenone e il Cec di Udine con il patrocinio del Consiglio regionale. L’operazione ha permesso di recuperare entrambe le versioni, quella «originale» e quella «commerciale» e le ha rese disponibili al pubblico in un cofanetto della Cineteca (prossimamente commercializzato dalla Cecchi Gori Home Video) che accoglie anche quasi due ore di rarissima materiali visivi, tra cui i provini, le scene tagliate, un finale alternativo e alcune rare interviste a Turoldo, oltre a molto materiale scritto. Ma che soprattutto permette di riportare in vita, strappandola a una ingiustificata morte culturale, una delle più toccanti rievocazioni del nostro passato e delle nostre radici.
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