L’ex pm punta all’8%. «Ma non è un favore alla destra»

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 ROMA — «I dirigenti del Pd hanno fatto gli scongiuri perché speravano che, alla fine, Rivoluzione civile non ce la facesse a presentare le liste… Invece, quando hanno capito che facevamo sul serio, hanno iniziato a cercarci perché si sono fatti due calcoli…». E i numeri evocati da Gabriella Stramaccioni — ex coordinatrice di «Libera», ora candidata alla Camera con la lista di Antonio Ingroia — dicono che Bersani e Vendola perdono in Veneto, sono sotto di poco in Lombardia e in Sicilia, vincono di misura in Campania: questo significa che i voti drenati a sinistra dalla lista Ingroia (sostenuta da Idv, Rifondazione, verdi e Pdci) farà  la differenza per la conquista dei premi di maggioranza regionali che poi sono la base per il controllo del Senato.
Lo scenario possibile — dopo la rottura decretata da Ingroia in accordo con Di Pietro, Ferrero, Bonelli e pure con un riluttante Diliberto — è quello che prevede i progressisti in vantaggio solo alla Camera: «Il vero voto utile è quello dato a noi — insiste Di Pietro — perché tanto più forte sarà  Rivoluzione civile al Senato tanto più alta sarà  la nostra forza di convinzione per riportare Bersani e Vendola sulla retta via. Il nostro nemico non è il Pd ma vogliamo essere un’alternativa a Berlusconi e a Monti».
Di Pietro — che viene dall’alleanza con il Pd nel 2008 e dall’illusione ottica della «foto di Vasto» — dice di «essere ben cosciente di non voler fare vincere la destra». Tuttavia, indietro non si torna: «Perché Bersani, non rispondendo ai nostri appelli, ci ha offesi personalmente e politicamente». Per cui, come dice Ingroia, «ci rivediamo in Parlamento» per verificare che peso avranno i potenziali senatori di Rivoluzione civile che conta di superare lo sbarramento dell’8% in Sicilia e in Campania ma spera anche in Toscana, Emilia e in Calabria.
Sandro Ruotolo, giornalista tv candidato con Ingroia, è ancora più drastico: «Se il Pd deve chiedere la desistenza a qualcuno lo faccia con il suo alleato Monti». E se poi Bersani perde al Senato? «Sarà  solo colpa sua perché il Pd la deve finire con questa storia di incolpare sempre gli altri». E il cerchio si chiude con Angelo Bonelli (Verdi) che ricorda le «offerte da prima Repubblica fatte informalmente dagli emissari del Pd davanti a un Ingroia irremovibile».
Il tentativo portato avanti con discrezione da Violante e Franceschini per convincere Ingroia a «desistere» in Campania, Sicilia e Lombardia si è arenato perché Bersani e Vendola hanno rifiutato anche di discutere le condizioni irrinunciabili poste da Rivoluzione civile: ovvero una pubblica presa di distanza da Monti e dalle politiche economiche fin qui attuate dal governo tecnico. Il dettaglio prevedeva la desistenza di Rivoluzione civile nelle tre regioni chiave contro l’offerta di 3-4 posti sicuri nelle liste del Pd al Senato per candidati vicini a Ingroia e la presidenza di un paio di commissioni parlamentari.
Dino Martirano


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Il ministro precario

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Ce l’eravamo perso per strada Renato Brunetta, ministro della Pubblica amministrazione, tanto che pensavamo di ricorrere alla famosa trasmissione cerca persone di Rai 3. Sempre nella polvere e mai sugli altari al contrario di Napoleone, Brunetta era mediaticamente scomparso dopo avere insultato impiegati e poliziotti, donne lavoratrici e magistrati, sinistra «di merda» at large. Ma è bastato che Michele Santoro lo invitasse nella sua ultima puntata (da vero servizio pubblico Annozero, altro che chiacchiere) e il ministro ha ripreso fiato.

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