by Sergio Segio | 22 Gennaio 2013 8:20
Quella di Dijsselbloem, 46 anni, laburista, fortemente sponsorizzato dai «falchi» della tripla A e in particolare dalla Germania, era l’unica candidatura sul tavolo dei ministri. In teoria, la sua appartenenza ad un partito della famiglia socialista avrebbe dovuto renderlo gradito ai francesi. Ma in realtà le divisioni che in questa fase separano la famiglia dell’euro, spaccata tra fautori del rigore e sostenitori di una politica più espansiva, sono molto più profonde e radicate della vecchia contrapposizione destra-sinistra. Così il governo conservatore spagnolo si trova a condividere le perplessità , poi superate al momento del voto, dei socialisti francesi e dei «tecnici» italiani, mentre i socialisti austriaci appoggiano le scelte dei democristiani tedeschi schierati sul fronte del rigore. Chiarissima la posizione del nuovo presidente dell’Eurogruppo su questo tema: «Ritengo che l’austerity e i conti in pareggio siano importanti per il futuro, perché significano più investimenti e possibilità di crescita. Ma la strada per ottenere conti in ordine è dura», ha detto Dijsselbloem al termine della riunione dell’eurozona. Ha aggiunto però: «Sono un socialdemocratico e penso che una gestione sana e sostenibile delle finanze pubbliche non sia in contrasto con la solidarietà ».
A complicare l’arrivo di Dijsselbloem alla presidenza ieri è venuta l’ennesima disputa su un tema tanto concreto quanto cruciale: la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell’ESM, il nuovo fondo salva stati europeo. Questo passo avanti, essenziale per spezzare il circolo vizioso tra crisi bancarie e crisi dei debiti sovrani, era stato deciso in teoria al vertice di giugno e dovrebbe scattare una volta in funzione la vigilanza unica affidata alla Bce. Ma poi i falchi avevano cominciato a fare marcia indietro. Germania, Finlandia e Olanda (ma Dijsselbloem allora non era al governo) avevano sostenuto che l’E-SM avrebbe potuto intervenire solo per ripianare i «buchi» creatisi dopo il passaggio delle banche sotto la sorveglianza della Bce. Un modo per svuotare il senso della riforma e scaricare di nuovo sui bilanci nazionali il peso dei salvataggi bancari.
Proprio di questo ieri si è discusso a lungo durante i lavori dell’Eurogruppo. E in qualche modo la Francia e la Spagna avevano condizionato il loro giudizio su Dijsselbloem alla sua posizione su questa materia tanto controversa. Evidentemente l’olandese deve essere riuscito a convincere i suoi interlocutori, e a portare a casa la conferma. Con l’eccezione della Spagna: «Mi dispiace che non sia stata una decisione unanime, la Spagna non ha dato motivazioni ma mi ha assicurato collaborazione».
L’altro tema sul tavolo dei ministri dell’Eurogruppo era il salvataggio di Cipro, i cui bilanci sono travolti dalla crisi delle sue banche. Ma i ministri hanno optato per un rinvio. Il ruolo delle banche cipriote come paradisi per il riciclaggio di capitali (soprattutto russi) lascia perplessi molti governi europei, e in particolare quello tedesco. E le garanzie ricevute sui meccanismi per porre fine a questa situazione non sono considerate credibili. Ogni decisione in materia slitta a marzo: dopo le elezioni presidenziali nell’isola.
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