by Sergio Segio | 26 Gennaio 2013 8:57
Forse anche più di «competitività », «flessibilità » e delle immancabili «riforme strutturali». Tanti ragionamenti programmatici, tante analisi politiche o accademiche. Poche proposte concrete, però. Poche misure da adottare chiavi in mano. L’eccezione arriva da un outsider, Ali Babacan, vice primo ministro turco, con delega all’Economia, intervenuto in una discussione cui ha partecipato anche il ministro Vittorio Grilli. Certo, la Turchia è un Paese solcato da contraddizioni profonde, con squilibri economici vistosi. Però l’approccio pragmatico del governo guidato da Recep Tayyip Erdogan (leader del partito islamico moderato) fornisce spunti interessanti per Paesi come l’Italia, afflitti ormai da una cronica disoccupazione giovanile.
Babacan, 45 anni, ha spiegato la strategia adottata a partire dal 2009. Tre misure chiave. Primo: lo Stato paga i contributi sociali, sostituendosi al datore di lavoro, ai giovani tra i 18 e i 29 anni che vengono assunti per la prima volta. Lo sconto vale per un periodo tra i due e i quattro anni e viene applicato a favore di tutte le donne neoassunte, qualunque sia la loro età . Secondo: l’amministrazione pubblica organizza corsi di specializzazione, anche per i mestieri artigiani, e per sei mesi copre le spese di trasporto e di vitto (10 dollari al giorno) ai giovani che vi partecipano. Terzo: gli imprenditori possono assumere i frequentatori di questi corsi a costo zero e per sei mesi; ancora una volta è lo Stato a pagare, in questo caso a corrispondere salari e contributi. Finiti i sei mesi di prova non retribuita, il datore di lavoro decide liberamente se tenere il dipendente. Ma se è un «sì», il contratto sarà a tempo indeterminato.
I risultati della «ricetta turca» sono questi: nel 2009 il tasso di disoccupazione era al 14%, oggi è al 9,1%. In Turchia sono spuntati 4,6 milioni di posti di lavoro, mentre, più o meno nello stesso periodo, l’Eurozona ne perdeva 7,6 milioni.
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