Le truppe di Bamako avanzano nel nord
PARIGI. Alla terza settimana d’intervento francese in Mali, sono state trasmesse le prime immagini dei bombardamenti in Mali: senza suono e spiegazioni, il video filmato dall’esercito francese diventa un elemento di disinformazione. I giornalisti indipendenti sono bloccati a chilometri di distanza dalla linea Mopti-Sévaré, dove i pochi che sono riusciti ad arrivare sono minacciati di espulsione dall’esercito del Mali, che vuole avere la mani libere, accusato di rappresaglie sanguinose contro presunti ribelli. Sul terreno, francesi e maliani avanzano, a ovest, da Diabaly verso Timbuctù, al centro verso Gao. Sarebbe stata presa Hombory, a 200 km a ovest di Gao. Gli islamisti hanno fatto saltare il ponte strategico di Tassiga, che rende difficile la preparazione dell’intervento delle truppe del Niger e del Ciad. Ma il fronte islamista si sta fratturando: uno dei gruppi armati che occupano il nord del Mali, Ansar Eddine, si è spaccato, una parte, riunita nel Mia (Movimento islamico dell’Azawad) vuole una «soluzione pacifica». Il Mia, nato attorno a una grande famiglia tuareg, dichiara di «prendere le distanze da ogni gruppo terrorista» e si impegna a combattere ogni estremismo, chiedendo la fine delle ostilità . I militari francesi presenti in Mali sono ormai saliti a 3700, 2400 impegnati sul terreno. Oggi si riuniscono ad Abidjan, in Costa d’Avorio, i capi di stato maggiore dei paesi dell’Africa occidentale che partecipano alla Misma (missione sul Mali). Conferenza dei donatori il 29 gennaio ad Addis Abeba, in Etiopia. Gli africani non hanno soldi, il costo dell’intervento a fianco della Francia è valutato sui 340 milioni di euro. Per ora ci sono solo i 50 milioni promessi dall’Ue. Gli africani si rivolgono all’Onu, che frena. Ban Ki-moon è prudente ad impegnarsi in un’avventura dove ci sono già stati episodi di non rispetto dei diritti dell’uomo. La Francia preme, anche perché vuole pararsi contro le accuse, presenti anche in patria, di non avere una vera copertura legale per l’intervento. La legalità viene dalla domanda di aiuto scritta del governo del Mali (un regime pero’ nato da un colpo di stato nel marzo 2012). La Gran Bretagna, il paese più vicino a prendere parte all’intervento, ha chiesto al governo del Mali un’analoga richiesta scritta. Invece, la risoluzione dell’Onu 2085 prevedeva il dispiegamento di truppe internazionali, non l’intervento francese. Anche la «legittima difesa» (secondo l’art. 51 della Carta dell’Onu) non può essere invocata: il Mali non è stato aggredito da un paese straniero, ma da ribelli presenti sul suo territorio. Per questo, gli Usa non aiutano direttamente l’esercito del Mali, ma le forze africane e non permettono neppure ai loro aerei di alimentare in carburante gli aerei francesi in volo, se sono in fase di bombardamento. Dall’inizio dell’intervento francese, ci sono 9mila i rifugiati in più, saliti ormai a 150mila nei paesi confinanti e 230mila in Mali.
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