LE EMERGENZE DIMENTICATE

by Sergio Segio | 5 Gennaio 2013 9:10

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Sinceramente: speravamo in qualcosa di diverso. E invece di nuovo e sempre le stesse parole, gli stessi slogan, le stesse battute, gli stessi ammiccamenti agli elettori… Un diluvio televisivo, radiofonico, twitterista che giorno dopo giorno, perfino a dispetto delle persone di buona volontà  (e ce ne sono), sta mettendo ai margini tutti i grandi temi sui quali, per un anno, e solo a causa dei nuvoloni neri della crisi, dei timori per i verdetti borsistici, dello spavento per la crescente irritazione dei cittadini, pareva essersi finalmente concentrata la politica.
Ma certo, qua e là  un accenno a questo o quel tema viene concesso. Ci mancherebbe. Il minimo del dovuto. Giusto l’indispensabile per rigettare l’accusa di un dibattito tutto autoreferenziale. Ma dov’è finita la centralità  drammatica di alcune questioni determinanti per il futuro del Paese? Il tema che per uscire dalla crisi non basta il (necessario) buon senso ma servono come l’ossigeno la creatività , la fantasia, la combattività  di tanti ragazzi e tante ragazze che invece si immalinconiscono bussando per anni alle porte dell’università , delle libere professioni, dell’impresa, della politica? Il tema di tagli profondi che non tocchino i servizi essenziali ma costringano l’obesa malabestia burocratica a dimagrire là  dove deve dimagrire?
Il tema d’una radicale riforma della rappresentanza politica che spezzi finalmente quei rapporti clientelari usciti indenni o rafforzati perfino da passaggi positivi come le primarie? Delle Province e di una ridefinizione delle competenze che scarti i doppioni e snellisca la macchinosità  di ogni scelta? Della guerra alla corruzione in un Paese slittato dal 33º al 72º posto nelle classifiche di Transparency? Della difesa del territorio e insieme del rilancio del turismo, che per il World Travel & Tourism Council rappresenta oggi solo il 3,3% del nostro Pil? Dove sono questi temi che dovrebbero togliere il sonno a chi si propone di guidare il Paese?
Lo ha denunciato lo stesso Napolitano. Ricordando nel suo messaggio i doveri intorno ai quali in troppi sembrano distratti. Far ripartire l’economia e l’occupazione, «cosa quest’ultima di cui perfino poco si parla nei confronti e negli impegni per il governo». Lottare contro la «spudorata» evasione fiscale e «il persistere di privilegi e abusi nella gestione dei ruoli politici e incarichi pubblici». Promuovere maggiore integrazione europea. Valorizzare il patrimonio culturale. Combattere le mafie. Restituire civiltà  alle carceri. Riconoscere come cittadini quel mezzo milione di giovani extracomunitari nati in Italia che il rifiuto di metter mano alla legge sullo ius sanguinis rende stranieri nella terra che riconoscono come la loro patria.
Il capo dello Stato ha detto d’augurarsi che le questioni da lui toccate «trovino posto nella competizione elettorale». E già  quelle parole «trovino posto» sono la denuncia amara di una campagna troppo concentrata su altro.

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