L’anticoncezionale razzista

Loading

GERUSALEMME. «Non siamo in grado di dire quanto le donne (ebree) etiopi fossero consapevoli degli effetti del Depo Provera ma per noi la lettera diffusa dal ministero della salute, volta a fermare la somministrazione di quel farmaco, è un importante riconoscimento di ciò che è accaduto». Misura le parole Marc Grey, portavoce dell’Associazione per i Diritti Civili in Israele (Acri), rispondendo al manifesto. La vicenda è delicata ma è finalmente venuta alla luce. Anzi è riemersa perché in passato si era già  parlato del drastico calo del tasso di natalità  tra le falasha, le donne ebree giunte dall’Etiopia, a molte delle quali per anni è stato iniettato, forse a loro insaputa, il Depo Provera, un anticoncezionale molto efficace ma con gravi effetti collaterali, a cominciare dall’osteoporosi.
La vicenda è pubblica grazie all’impegno di Acri, grazie ad un’inchiesta del giornalista Gal Gabbay conduttore del programma televisivo Vacuum e soprattutto alla denuncia fatta già  nel 2008 da Rachel Mangoli, responsabile a Bnei Braq (Tel Aviv), di un asilo per bambini falasha, che negli ultimi tre anni ha registrato solo un nuovo arrivo. Mangoli non si è arresa di fronte alle reticenze del sistema sanitario e assieme all’associazione «Woman to Woman» di Haifa ha portato sino in fondo la sua battaglia.
Mangoli chiese spiegazioni all’ambulatorio di Bnei Braq che assiste 55 famiglie etiopiche e scoprì che i suoi responsabili avevano avuto istruzioni di somministrare iniezioni di Depo Provera alle falasha in età  fertile. Per quale motivo? Nessuno lo dice ma a mezza bocca tutti parlano di «razzismo» nei confronti degli ebrei neri. «Si tratta di ridurre la natalità  in un gruppo che è nero e per lo più povero», ha commentato Hedva Eyal, che ha condotto le indagini per conto di «Womam to Woman». Un giudizio che pochi osano smentire, specie dopo la decisione presa da Ron Gamzu, direttore generale del ministero, finito sotto accusa, di ordinare a quattro organizzazioni sanitarie di base l’interruzione del programma di somministrazione del Depo Provera.
Questa storia, che fa venire la pelle d’oca, non comincia in Israele ma proprio in Etiopia, nei campi di accoglimento per i Falasha che si preparavano a partire per Israele. Alcune donne hanno riferito al giornalista Gal Gabbai che dei responsabili dei programmi di assistenza a Gondar avevano condizionato la consegna del biglietto aereo per Tel Aviv alla somministrazione del farmaco, alcune di loro, a causa anche di problemi di lingua, avevano capito che dovevano vaccinarsi prima di partire per Israele. Una delle intervistate, Amawaish Alane, ha riferito: «Non volevano quella iniezione ma ci risposero che in quel caso non ci avrebbero fatto partire per Israele e sospeso il programma di assistenza medica».
I responsabili del ministero della salute e delle agenzie ebraiche di sostegno agli immigrati negano che il Depo Provera sia stato somministrato con la forza o con l’inganno. L’American Jewish Joint Distribution Committee (Ajjdc), che gestisce i servizi sanitati in Etiopia a favore dei falasha che intendono trasferirsi in Israele, ha negato seccamente che il farmaco sia stato somministrato contro la volontà  delle donne. Il ministero della salute e i responsabili dell’Ajjdc non hanno spiegato però il perché del calo del 20% (qualcuno parla addirtittura del 50%) del tasso di natalità  tra i falasha in questi ultimi anni e perché i medici evitano di iniettare il farmaco a donne ebree appartenenti ad altre comunità . Senza contare le dichiarazioni dell’impiegato di un ambulatorio pubblico secondo il quale le ebree etiopi farebbero fatica a «comprendere» anche le cose più elementari.
La frustrazione è enorme nella comunità  falasha (120mila persone), già  consapevole di essere al punto più basso della piramide sociale in Israele e costretta ad ingoiare gravi discriminazioni. Anni fa i falasha scoprirono che il sangue che donavano veniva sistematicamente gettato via.


Related Articles

Strage di Hanau. La follia dell’estrema destra tedesca

Loading

Si tratta di un “odio” costruito, fortemente indirizzato e politicamente agito che ruota essenzialmente intorno al discorso razzista nelle sue differenti gradazioni

Ius soli, l’iniziativa e il digiuno dei cittadini apre uno spiraglio

Loading

Cittadinanza. La riforma ora è possibile, grazie a quelle migliaia di persone che hanno digiunato

Prostitute o “prostituite”: le schiave del sesso in Europa

Loading

  Prostitute controllate dalla polizia – Foto: terza-pagina.it

Sognava di iscriversi all’università una volta terminati gli studi superiori. Per I, invece, la partenza per l’Europa su volere del padre è coincisa con l’inizio di un incubo che l’avrebbe portata, ancora minorenne, a vendere il suo corpo per le strade di Ancona, tra “maman” senza scrupoli, violenze e aggressioni da parte dei clienti, minacce perenni, a sé e alla sua famiglia rimasta in Nigeria, un debito che cresceva giorno dopo giorno fino a sfiorare i 50 mila euro.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment