L’arena televisiva come Sanremo

by Sergio Segio | 12 Gennaio 2013 8:15

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E «come mai Travaglio, che finalmente ce l’aveva davanti, ha sì recitato la sua pungente letterina, ma non gli ha fatto neppure una domanda, una sola?».
Scritturati dallo stesso impresario come due vecchie glorie, Santoro e Berlusconi hanno avuto ben nove milioni di spettatori, come la partita Italia-Germania. Ai tempi dell’editto bulgaro, quando nacque l’Epica, ciascuno di loro otteneva la stessa audience inseguendosi senza mai incontrarsi. È vero che già  si cibavano l’uno dell’altro, ma delegittimandosi. E Berlusconi reagiva da padrone arrogante. Rancoroso, sproporzionato e ridicolo, licenziò Santoro con una censura che ne rivelò l’ossessione. Insomma un faccia a faccia il Berlusconi di allora non l’avrebbe mai concesso per la semplice ragione che non vedeva ancora il suo tramonto: era vincente. Le simulazioni di guerra sono debolezze da sconfitto, risorse da pensionato. Berlusconi sa di non potere vincere le elezioni e dunque vampirizza Santoro il quale, a sua volta, capisce che solo vampirizzando Berlusconi può rinfrescare la ragione sociale della ditta: uno così non riuscirà  mai più a fabbricarselo. Dunque Berlusconi che dice di Travaglio «io sono il suo core business» è anche il personaggio che finalmente si consegna al suo autore.
Ed è stato spettacolo, mai giornalismo. Si punzecchiavano ma ammiccavano: sulle ragazze pagate, sui soldi alla moglie, e «le relazioni che lei ha a Bari, ehm ehm, e «va bene, lo sappiamo che secondo lei i giudici sono comunisti». Era giostra e non sfida: «Lei, Santoro, si sta scavando la fossa», «deve tornare alle scuole serali», «ma siamo a Zelig?» «no, Zelig è lei». Quando poi Berlusconi si è seduto al posto di Travaglio, la doppiezza dei ruoli è diventata plastica, sembrava Marzullo, quello del «si faccia una domanda e si dia la risposta», la prosecuzione del marzullismo con altri mezzi: «Lo faccia stare lì, così lo guardo in faccia». Anche quel pulire la sedia è una triste gag di avanspettacolo, la tipica trovata del filodrammatico in sintonia con il suo pubblico e con tutta la compagnia. E infatti se osservate le foto di scena e quelle del backstage è tutto un sorridersi di compiacimento e di soddisfazione per averlo lì, per avere l’orso nel sacco.
Santoro del resto ha cominciato la puntata con la canzone “Granada” e poi uno sconnesso sproloquio che non ho lo spazio per riprodurre interamente: «È finito il tempo dei toreri», e «abbiamo abbandonato la città  di Granada», ma «c’è il pensiero unico e l’austerità  alla McDonald’s» e poi «la città  di Vienna» e, «il bon ton austroungarico di Lilli Gruber» ma «se guardate bene questi tubi Innocenti vedrete un’altra città  in costruzione, non di quelle con le casette tutte uguali» perché «lì c’era Hitler seduto sul vasino e la mamma che gli diceva “non sporcare, fai la cacca qua!”», e dunque «Servizio Pubblico è pubblico», «anche per Berlusconi?», «anche per Berlusconi!» … Insomma una tiritera che sembrava il «glicerofosfatobromotelevisionatodittitìbicarbonato … grammi zero zero tre» e invece si concludeva con «Chisto è o paese do sole / chisto è o paese addò tutte e parole, so’ sempre parole d’ammore…». E forse voleva dire che quando cantava “Bella ciao” era il tempo della guerra civile mentre oggi è il tempo del dopoguerra, il tempo di “scurdammoce o passato”.
È il tempo insomma dei nemici che, ridotti a compari nello scontro postumo, che non è corrida ma rodeo, si sono legittimati a vicenda come gli anziani, sformati e grassi Buffalo Bill e Toro Seduto che, nel famoso film di Altman, ripropongono il combattimento del Selvaggio West ma sotto il tendone da circo, quando «ormai molte lune hanno logorato il Grande Spirito» e i malinconici complici hanno esaurito i proiettili l’uno, e le frecce l’altro. E «tutti questi che stanno davanti a loro compongono il più magnifico spettacolissimo che si sia mai visto al mondo. Augh!».
Obbediscono dunque alla medesima regia, ma anche alla stessa idea di televisione come imbonimento, e di politica come patacca populista fabbricata in studio. E infatti, grazie a Santoro, Berlusconi è pure cresciuto di due punti nei sondaggi che nemmeno dieci “Porta a Porta” più un Minzolini a rotazione continua.
Il momento più alto di questa complicità  politica, a conferma che il populismo è uno solo, Michele Santoro l’ha raggiunto con una zampata da vecchio frequentatore di assemblee. Ha infatti scavalcato Berlusconi concedendo circa venti minuti ad una efficacissima imprenditrice del Nord che si è esibita nel peggiore repertorio populista contro l’Europa e contro l’euro, una rabbia sociale da berlusconiana delusa che inutilmente Paolo Del Debbio, l’aspirante Santoro di Mediaset, cerca da un’intera stagione frugando tra i cattivi umori dei mercati a caccia del cittadino medio. E infatti mentre questa signora, Francesca Salvador, parlava, Berlusconi annuiva, la assecondava e la rincuorava: «La signora ha ragione ed esprime lo stato d’animo degli imprenditori del Nord». Lei gli rimproverava di averli abbandonati buttandoli tra le fauci di Mario Monti e Berlusconi la sondava e con lo sguardo esperto di chi fa casting la riconosceva come una sua pecorella smarrita. Mai vista una propaganda demagogica così ben confezionata.
Del resto tutta la puntata era costruita sul populismo. Santoro offriva la piazza e Berlusconi la occupava da piazzista. C’è stato un tempo in cui Santoro mandava le sue telecamere tra gli operai arrabbiati di Sesto San Giovanni e tra i contadini dismessi delle periferie di Palermo, ieri li ha mandati tra i piccoli imprenditori del Bresciano, ex elettori di destra in cerca di casa politica. Insomma pane per Silvio Berlusconi che ha infatti ringraziato così: «Servizio impeccabile».
E poi c’è la lite finale. Santoro si è arrabbiato perché Berlusconi ha minuziosamente elencato le condanne di Travaglio in sede civile spacciandole per penali: «Avevamo concordato che in questa trasmissione non si doveva parlare di processi». Si dimostra così che Berlusconi non sta ai patti (sai la novità !) ma che anche la trasmissione di Santoro è organizzata concordando argomenti, modi e chissà  cos’altro come una qualunque puntata di “Porta a Porta”. Ed è proprio questo che alla fine gli ha disegnato il suo amico Vauro.

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