La sorpresa dell’instabilità 

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Il primo ministro fino a ieri si vantava si essere l’unico possibile candidato. La lunga lista di partiti che hanno preso parte alle elezioni non ha offerto un’alternativa credibile alla sua ambigua leadership.  Gonfio delle sue pretese messianiche  e fondamentaliste,  il primo ministro aveva già  previsto i problemi quando il suo partito ha eletto i più estremisti  nella lista del Likud, escludendo la destra moderata Netanyahu ha anticipato le elezioni quando ha compreso che la situazione economica lo avrebbe costretto a mettere in atto politiche impopolari, specialmente dopo i cambiamenti nella situazione socio-economica del paese. Il primo ministro sapeva che le proteste dell’estate del 2011 avrebbero riscosso un non prevedibile prezzo elettorale e per questo ha posticipato la presentazione del bilancio nazionale a dopo le elezioni.
Netanyahu non ha accolto positivamente la rielezione di Barack Obama negli Stati uniti e ha cercato in modo non condivisibile di rafforzare il suo partito creando un’alleanza elettorale con il partito radicale del suo ministro degli Esteri, Avigdor Liberman. Ai 27 seggi del Likud avrebbe aggiunto i 15 di Liberman e con questi 42 – pensando di rafforzarsi- sarebbe potuto diventare il vero re di Israele.
Pieno delle sue pretese messianiche e fondamentaliste, il primo ministro aveva già  previsto problemi quando il suo partito ha eletto i più estremisti nella lista del Likud e ha lasciato fuori alcuni seri rappresentanti della destra moderata.
Ancora peggio: nelle fila del quasi estinto e dimenticato Partito nazionalista religioso si sono registrati cambiamenti che hanno portato alla creazione di una lista di giovani – veri estremisti – che ha attirato il sostegno di molti giovani di destra nelle città  ma soprattutto popolare negli insediamenti nei territori occupati. Il capolista è il giovane estremista, Naftali Bennett, che ha lavorato in passato con il primo ministro e si è inimicato la sua influente moglie, si è arricchito grazie ad una compagnia Hi-Tech ed è stato direttore dell’organismo di coordinamento per la gestione degli insediamenti.
I soli quattro o cinque seggi che avevano ottenuto in passato, ieri notte sono diventati 11 o 12. Durante la campagna elettorale il Likud ha cercato di combatterli con i mezzi più sbagliati.
La campagna del Likud è sembrata quasi inesistente e si fondava su un solo argomento che sembrava essere accettato da tutti i partecipanti alla contesa elettorale: Israele ha bisogno di un leader forte, Netanyahu lo è. Di fronte alla mancanza di leader seri di opposizione questo poteva diventare un tema serio ma non ha evitato un progressivo ridimensionamento del partito a favore di altri di destra e centro: da 42 seggi oggi il Likud scende a 31!
È un numero problematico: dei 31 eletti nelle liste solo 20 o 21 sono del partito del primo ministro. Alcuni di questi deputati sono estremisti, antidemocratici, alcuni si oppongono chiaramente alla pace, altri sono razzisti, altri come Feiglin vorrebbero offrire ai palestinesi vantaggi economici che permettano loro di lasciare il paese o i territori occupati!
La «speranza» social-democratica
Dopo le proteste del 2011, Shelli Yejimovitz ha creduto di aver scoperto la ricetta segreta per la vittoria. Di fronte ad un movimento labourista allo stremo, sembrava che tornasse la vitalità  del vecchio partito. Una semplice formula: siamo social-democratici, abbiamo un grande progetto per migliorare la situazione di tutti sul modello dei paesi scandinavi.
Pace e guerra? Fascismo? Razzismo? …Tutto questo non è importante, il salariato vuole sedersi a tavola e sapere che ha da mangiare..Noi di sinistra? Che dio ci salvi, siamo di centro, centro, centro!
Tutta la campagna elettorale è stata incentrata sulle parole di Yehimovitz che pensava che la sua sacra ricetta le avrebbe portato i voti di molti disincantati di destra. Non bisogna criticare i coloni -ma i «sinistrorsi» estremisti e poi, la guerra, niente… «siamo social-democratici, non di sinistra» e se entreremo nella coalizione di Netanyahu imporremo politiche sociali, ecc.
Dopo due settimane, la stolta ipocrisia di questo tipo di discorso politico ha iniziato ad essere un fiasco tanto che i sondaggi facevano pensare che i labouristi fossero ben lontani dagli oltre 20 seggi che speravano di ottenere alcuni mesi prima, allora la leader del grande partito social-democratico ha convocato una conferenza stampa per dire che non avrebbe fatto parte della coalizione di Netanyahu…e chiaramente di essere sempre a favore della pace…ecc…
Il «Centro»…quello vero?
Questo bla-bla tardivo l’ha in ogni caso condotta al fiasco tanto che oggi già  si sentono le voci dei candidati perdenti che hanno affermato di essere rimasti in silenzio per non creare problemi e perchè era ormai troppo tardi per apportare modifiche ad una campagna nella quale spiccava solamente la grande stella della social-democrazia (grande lezione che forse sarebbe bene che studiassero tutti i fedeli «centristi» senza colore che cercherannno il trionfo con tactiche simili nei paesi europei…)
Immaginiamo un giornalista di successo che lancia le notizie nel programma di punta del venerdì sulla rete televisiva israeliana più vista. Attraente, con una folta capigliatura, relativamente giovane…che promette «una politica nuova – diversa» , tutti al servizio militare, basta con l’obiezione di coscienza dei religiosi, classe media, classe media, classe media… che non dice nulla di serio nei contenuti…Bene, questa è la formula trionfale che ha portato Yair Lapid ad ottenere 19 seggi e lo ha trasformato nel vero arbitro della prossima coalizione…
Lapid, un centrista di destra, ha in lista vari candidati di centro-sinistra e questo potrebbe dare un colore più moderato alla coalizione…o potrebbe essere il seme dell’ instabilità  che caratterizzerà  il prossimo governo israeliano.
Da un mese e mezzo si è unita al «centro» l’ex ministro degli Esteri, Tzipi Livni. Un gran record personale: tre anni di discorsi sterili di pace quando era ministro, sostegno a due o tre guerre e trionfo elettorale nel 2009 – ottenne un deputato in più di Netanyahu però non seppe formare una coalizione vincente. Come leader di opposizione si è distinta per la sua grigia apatia e la sua inconsistenza nel guidare una vera opposizione. Nel partito Kadima si sono stancati di lei e hanno eletto Mofaz. La Livni è tornata a casa e dopo aver dubitato e domandato e tentato con altri -convinta di esseree la candidata favorita- un mese fa ha fondato un piccolo partito di cui era la grande stella che ci avrebbe portato una “politica alternativa” e la pace. Sei o sette seggi le assicurano che forse potrà  esser ministro di qualcosa nel prossimo governo…
E a sinistra…
Meretz, liberali, pacifisti, democratici, sono oggi con i loro sei o sette deputati gli ultimi rappresentanti della sinistra sionista e restano poi partiti come il Pc israeliano – partito con una netta predominanza di palestinesi israeliani e una forte rappresentanza di israeliani radicali di sinistra, che ha mantenuto i suoi quattro deputati, appesantito dalle discussioni che lo hanno afflitto in questi ultimi anni.
Il partito che una volta era guidato da Azmi Bishara, il Balad, mantiene solo due seggi e l’altra coalizione la «Lista araba unita» segue con cinque. I risultati ottenuti da queste liste sono il prodotto dell’apatia dell’elettorato arabo in Israele: una minoranza non ha votato per ragioni ideologiche, non riconoscono la legittimità  dello stato sionista, e ancora di più non lo fanno perchè credono che le liste di sinistra dovrebbero essere più attive nella realtà  quotidiana di un popolo impoverito e con seri problemi economici, sociali e educativi «che vanno oltre la questione israelo-palestinese», secondo loro, ciò che importa di più ai deputati in parlamento.
Il risultato e l’annuncio ufficiale
Se è molto facile predire che Netanyahu sarà  a capo della coalizione, è difficile sapere quanto cinismo o ipocrisia saranno necessari per prendervi parte. Insieme al Likud è quasi sicuro che troveremo Israel Beytenu dei nazionalisti religiosi e i partiti religiosi ortodossi. Ma questo creerà  problemi.
Il primo ministro vuole Lapid e il suo partito nella coalizione perchè teme l’aumento dell’isolamento internazionale a cui porta la politica avventurista e espansionistica del suo governo. Ma questo potrebbe creare problemi con i suoi alleati di estrema destra.
Da buoni giocolieri, è probabile che i nostri politici trovino la formula necessaria per stabilire una coalizione più o meno stabile. Il problema è che questo non significherà  necessariamente niente di buono in materia economico-sociale. Il problema maggiore è che questo non significherebbe la fine del progetto di colonizzazione, e contro la pace, che ha distinto i governi in Israele nelle ultime decadi.
Se avremo una coalizione, – è difficile sapere se la crisi non porterà  a elezioni in pochi mesi – il razzismo, l’occupazione e la discriminazione continueranno a essere prodotti fedeli di un’arena politica dominata da paradigmi fondamentalisti, colonialisti ed espansionisti.
(traduzione Giuseppe Acconcia)


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