La scomparsa del mondo cattolico

Loading

Una dispersione che qualcuno «in alto» ha cercato di evitare con l’endorsement all’attuale premier ma che, dopo lo spazio di un mattino, ha ripreso a produrre i suoi effetti, e tutti gli interessati si sono affannati ad accasarsi nella squadra che contava e/o offriva di più. L’appartenenza cattolica è diventata un elemento del curriculum individuale, non il riferimento a un’anima collettiva di proposta politica.
È fin troppo moralistico dare la colpa di tutto ciò alle singole furbizie di posizionamento. Piuttosto la ragione va attribuita a una debolezza culturale profonda: il mondo cattolico, malgrado la sua antica fama di antistatalismo, è forse il più fedele seguace della centralità  e della sovranità  dello Stato; della sua titolarità  esclusiva a perseguire il bene comune; dell’importanza della funzione politica che lo gestisce; della dinamica elettorale che quella funzione alimenta e certifica. Sta quindi in questa complessa adesione al primato dello Stato la base della debolezza politica del mondo cattolico.
Eppure tutti vediamo bene che lo Stato-centrismo è in crisi dappertutto e che il mondo va verso una logica squisitamente policentrica del potere, solo che si ricordi la crisi degli stati nazionali e della loro sovranità ; la crescita di poteri sovranazionali non riconducibili a strutture sovrastatuali (la Ue e l’Onu); la forza dei flussi (monetari, di popolazione, di culture) rispetto ai luoghi della sovranità ; il peso crescente di poteri destrutturati, (ultimi i tuareg e le tribù africane) rispetto ai poteri magari militari degli Stati; il crescente potere logistico, finanziario e politico delle trenta grandi metropoli planetarie (da Londra a Shanghai); tutto fa prevedere che nei prossimi decenni il potere non sarà  più degli stati nazionali, ma di nuove e plurime sedi di responsabilità .
Se qualche volta ci ricordassimo, cattolici e laici, che il cristianesimo non è solo una religione ma una realtà  che è stata storicamente partecipe della nascita e della scomparsa di interi mondi, allora dovremmo poterne riconoscere il ruolo nel coltivare i riflessi anche italiani dei citati processi di crescente de-statalizzazione e di crescente policentrismo dei poteri. Ed invece restiamo provinciali sostenitori del primato dello Stato; laicamente obbedienti a tenere la religione circoscritta nella sfera privata e fuori della dinamica statuale; affezionati all’impiego statale; devoti al Welfare State che copre i nostri bisogni sociali; assuefatti all’idea che solo lo Stato è titolare del perseguimento del bene comune; e tutti quindi occupati oggi a capire quali forze politiche lo occuperanno e guideranno; e chi simbolicamente lo impersonificherà  come Capo dello Stato.
In cotanto antropologico statalismo (certo non compensato dal riferimento a una fantomatica «società  civile») il mondo cattolico sembra purtroppo vivere bene, senza troppe preoccupazioni per quel bene comune che a parole dice di perseguire. Vede la povertà  del contesto, ma non ha la visione sociopolitica necessaria per andare oltre; e se l’avesse avrebbe paura delle potenziali accuse di fondamentalismo; per cui si premunisce disperdendosi un po’ in tutte le formazioni che vanno alle elezioni; tirando un po’ a campare, ma promettendo che si mobiliterà  se e quando saranno in pericolo i cosiddetti valori non negoziabili.
In questa non entusiasmante prospettiva a breve termine, forse sarebbe stato più utile «saltare il turno» delle elezioni di febbraio e prepararsi alla prossima volta, facendo maturare quella unitaria capacità  di discernimento e proposta che oggi non risulta in gioco.


Related Articles

Una piccola riforma per scoraggiare la corsa alle urne

Loading

Una riforma piccola piccola, per un tentativo di stabilizzazione un po’ più ambizioso. Dietro la proposta del governo di modificare la legge elettorale entro l’estate e di impostare un cambiamento istituzionale, si indovina un’operazione a tappe.

Condono agli evasori, la versione di Di Maio: «Qualcuno ha cambiato il testo»

Loading

Decreto fiscale. «Il testo trasmesso al Quirinale non è quello concordato». Il vicepremier a Porta a porta allude a Giorgetti. Il Colle: «Non è arrivato ancora niente»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment