La piazza fa paura al governo islamista

by Sergio Segio | 31 Gennaio 2013 8:40

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La stigmatizzazione dei movimenti giovanili egiziani continua. La giunta militare aveva iniziato a discreditare chiunque fosse rimasto ad occupare piazza Tahrir all’indomani delle dimissioni di Mubarak, l’11 febbraio scorso. Non solo, la tv di Stato aveva contribuito a diffondere il terrore di criminali nei quartieri popolari per bloccare le manifestazioni di protesta. Polizia e gruppi paramilitari erano andati ben oltre, in occasione delle proteste di via Mohammed Mahmoud del novembre 2011. In quel caso avevano sgomberato con violenza le tende dei manifestanti, accampatisi nei pressi del Parlamento. Ma era solo l’inizio: il momento in cui i Fratelli musulmani avevano deciso di lasciare i manifestanti al loro destino. In questi giorni, in un contesto politico e economico deteriorato, mentre gruppi salafiti armati hanno attaccato partiti politici e luoghi pubblici, è sembrato necessario creare un nuovo nemico: i black bloc. Un movimento costruito ad orolegeria dai media e dalla propaganda islamista per contribuire al discredito di chiunque continui a manifestare e per giustificare nuovi arresti e misure repressive. Quattro presunti affiliati al gruppo sono stati arrestati ieri. L’ordine è arrivato dal procuratore generale Talaat Ibrahim con l’accusa di «terrorismo». Gli arrestati si dirigevano verso il Tribunale del Cairo con il volto coperto. Intorno all’edificio sono stati schierati gli uomini della Sicurezza centrale per timore di vendette in seguito agli arresti. Mentre sono continuate per tutta la giornata le manifestazioni di protesta.
La Fratellanza teme che la piazza ribalti il risultato elettorale. E così su social network e negli incontri pubblici si sprecano le parole di biasimo verso un movimento misterioso. Anche i salafiti si scatenano: «I black bloc devono essere liquidati completamente. Questi gruppi devono essere trattati con forza e violenza», ha dichiarato Mohammad Abu Samra, guida del movimento estremista, jihad islamica. Le gam’aat al-islamiyya hanno minacciato di voler mettere in piedi ronde per fermare gli uomini dal voltocoperto.
A Port Said gli ultras della squadra al-Masry hanno fatto irruzione nel palazzo del governatorato, obbligando i presenti a uscire e inneggiando alla caduta dei Fratelli musulmani. A Suez e Ismailia il coprifuoco è stato ridotto da nove a tre ore.
Mentre al Cairo, due persone sono rimaste uccise durante gli scontri tra manifestanti e polizia. I due uomini sono stati colpiti all’alba da proiettili mentre si trovavano sul ponte Qasr al-Nil. I principali ponti della città  erano stati occupati dopo le manifestazioni per il secondo anniversario delle proteste del 2011. Ieri sono ripresi gli scontri in piazza Simon Bolivar nei pressi del Nilo. Martedì il vicino hotel Semiramis era stato preso d’assalto dai manifestanti, 22 persone sono state arrestate per questa azione.
Le opposizioni hanno aperto al dialogo con il governo. Il liberale Mohamed El-Baradei ha lanciato un appello su twitter chiedendo «un incontro» con il presidente, i ministri di Difesa e Interni, il partito islamista Libertà  e Giustizia, il movimento salafita e le altre opposizioni «per adottare misure urgenti per fermare la violenza e iniziare un dialogo serio». Dal canto suo, il presidente Morsi ha cercato di calmare le acque. Nella giornata di ieri, il presidente islamista è poi volato a Berlino per negoziare nuovi aiuti finanziari con la Germania dopo la cancellazione temporanea del prestito del Fondo monetario internazionale. «L’Egitto sarà  uno stato di diritto, nè militare nè teocratico», ha assicurato Morsi. I poteri straordinari conferiti all’esercito sono «limitati e temporanei». Mentre la cancelliera Angela Merkel gli ha ricordato l’importanza del rispetto dei diritti umani.

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