La locomotiva tedesca frena, Eurolandia trema
BERLINO — E’ stato un martedì nero per i mercati e per le prospettive economiche dell’Europa. La locomotiva Germania è ferma, anzi negli ultimi tre mesi del 2012 ha innestato la retromarcia. La brusca frenata del Pil tedesco e le perduranti incertezze su un accordo tra il presidente Obama e l’opposizione repubblicana per alzare il limite del debito pubblico Usa, hanno creato forte incertezza: molte Borse hanno chiuso in negativo e lo spread tra Bund e titoli italiani decennali è tornato sopra quota 270. Sui mercati ha pesato il monito del presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, ad adottare misure straordinarie, e la minaccia dell’agenzia di rating Fitch di declassare gli Stati Uniti se l’intesa sul debito non sarà raggiunta a tempo. Per il futuro imminente non aiutano neppure le previsioni della banca Mondiale sulla crescita dell’economia globale per il 2013: il Pil non aumenterà – come previsto – del 3%, ma soltanto del 2,4. Un taglio da effetto domino, con la revisione al ribasso per la crescita dei vari paesi.
In realtà le notizie sul Pil della prima potenza europea sono inquietanti. L’eurozona si sente ormai senza più locomotiva. Il prodotto interno tedesco nell’ultimo
trimestre dell’anno scorso ha addirittura registrato il segno “meno”, con una contrazione dello 0,5%. Su base annuale, la crescita nel 2012 è stata di un irrisorio più 0,7%, pessimo risultato in raffronto al 3% del 2011 e al 4,3% del 2010. Prima della banca Mondiale anche Destatis ha reso note le prognosi di crescita, un misero 0,5%: previsioni governative dimezzate, nell’anno elettorale. Le esportazioni hanno continuato a crescere, del 4,1%, ben più del 2,3% delle importazioni. Ma, dato preoccupante per il più forte comparto manifatturiero della Ue, gli investimenti in macchinari sono calati del 4,4%. Mentre l’aumento dei prezzi dei generi alimentari (più 4,8%) è al livello massimo dal 2008 della crisi precedente.
Non siamo più un’isola felice, la zavorra della crisi dell’eurozona trascina giù anche noi, dicono molti operatori a Francoforte. Poco consola il lieve avanzo primario de conti pubblici, di più 0,1%. E certo non attenua le inquietudini l’intenzione attribuita da Handelsblatt alla Bundesbank di rimpatriare parte delle riserve auree, custodite in Usa, Regno Unito e Francia dai tempi della guerra fredda per motivi di sicurezza.
Non meno allarmante è l’emergenza americana. Il presidente Obama, e poi il presidente della Fed Ben Bernanke, hanno lanciato appelli urgenti a varare l’accordo sull’aumento del debito sovrano consentito. «Rifiutarlo sarebbe comportarsi come una famiglia che per migliorare la sua attendibilità verso crediti risparmia non pagando le bollette», ha detto Bernanke. La prima potenza mondiale raggiungerà il tetto del debito legale tra metà febbraio e primi di marzo. In assenza di un piano a medio termine condiviso e credibile per la riduzione del debito, ha ammonito Fitch, è probabile che l’attuale outlook negativo sul rating a tripla A si risolva in un
declassamento.
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