La fortuna non aiuta l’audace Hollande

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Ma è il pesante bilancio della giornata — l’ostaggio quasi certamente ucciso, un pilota abbattuto, due soldati caduti — a collegare le vicende sul piano mediatico e a presentarne il conto politico al presidente Hollande, non certo aiutato dalla sorte nei panni del condottiero.
Nessuno può fare illazioni su avvenimenti ancora da ricostruire, né sul grado di valutazione dei rischi: di certo però, la liberazione di un ostaggio detenuto da più di tre anni e un primo colpo agli islamisti senza perdite francesi avrebbero avuto un effetto sull’opinione pubblica ben diverso dallo smarrimento di queste ore. Tanto più se si fa il confronto con operazioni condotte nel recente passato, dalla Libia alla Costa d’Avorio. Il pensiero dei francesi è anche rivolto agli altri otto ostaggi detenuti nel Sahel e a imprevedibili ritorsioni terroristiche sul territorio nazionale, nel momento in cui la Francia mette in atto blitz delle forze speciali e passa all’attacco militare.
Per quanto riguarda l’intervento in Mali, va considerato come la Francia abbia ricevuto una collaborazione ridotta rispetto alla coalizione che operò in Libia e si stia assumendo rischi oggi incalcolabili. Nonostante il semaforo verde della comunità  internazionale, l’appoggio logistico dei droni americani, l’intervento (tardivo) di piccole unità  africane, la Francia si ritrova piuttosto sola sul terreno della ex colonia, nel mezzo di una partita complicatissima nell’interesse dell’Africa e del mondo libero. Il sostegno verbale di Barroso, in visita ieri sera a Parigi, non prelude a un intervento diretto di altri Paesi europei.
Non si tratta infatti «soltanto» di sconfiggere o almeno contenere l’avanzata delle bande islamiste nel Mali, peraltro intervenendo a fianco di un esercito regolare piuttosto debole e disorganizzato, ma anche di impedirne il contagio nell’Africa occidentale. È una partita che la Francia — e di questo va dato atto a Parigi — gioca anche per conto terzi, nella consapevolezza di scenari disastrosi qualora l’affermazione dell’islamismo radicale e terroristico si dovesse rivelare la conseguenza meno arginabile degli sconvolgimenti politici e territoriali intervenuti con la primavera araba e con la guerra libica. Ma come insegna il passato somalo e il presente afghano la guerra al terrorismo islamico può trasformarsi in una trappola micidiale e senza fine.
Di fronte all’avanzata dei ribelli, Hollande non aveva probabilmente altra scelta che accelerare le operazioni, così come ha voluto dare il via libera al blitz in Somalia non appena si erano riunite le condizioni più favorevoli. Di sicuro, il presidente non ha preso decisioni in solitudine e ha rinnovato determinazione e obiettivi. Ha il sostegno delle forze politiche, anche di opposizione, che nonostante il fiasco hanno evitato polemiche. In Francia, la politica estera e di difesa è una sola.


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Sulla Siria state sbagliando

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LETTERE CRITICHE AL MANIFESTO SULLA VICENDA SIRIANA
Partite sporche
Vi scrivo per esprimervi, da grande ma non acritico sostenitore, il mio dissenso riguardo al modo nel quale state presentando sul giornale la drammatica situazione in Siria. Il manifesto, che apprezzo per la volontà  di scavare nelle notizie internazionali, sta descrivendo una situazione avviata verso il baratro della guerra civile focalizzando esclusivamente sulle manovre politiche attuate dalle potenze europee e dagli Usa, alleati alle monarchie filo-occidentali del Golfo, non certo rispettose dei diritti umani nemmeno dei loro cittadini, allo scopo di far crollare il regime di Assad, che ha la colpa di essere alleato allo “stato canaglia” Iran e di avere un governo laico e islamico-sciita contro le petro-monarchie islamico-sunnite del Golfo.

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