La beffa della tassa sulla casa, figlia di nessuno

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Accade così che l’Imu, l’imposta municipale sugli immobili, a detta di tutti i principali protagonisti della scena politica, appaia come figlia di nessuno. E quei 24 miliardi che sono entrati nelle casse dello Stato tra acconto di giugno e saldo di dicembre? Quelli sono reali. Anzi realissimi. Come le difficoltà  incontrate dai contribuenti per calcolarla e versarla.
Ma guai a cercare di risalire il corso del fiume per arrivare alla fonte dell’Imu. C’è il premier, Mario Monti, che di recente ha ricordato come l’imposta sugli immobili sia stata «frutto di un governo precedente» e che la sua entrata in vigore è stata solo anticipata dal suo esecutivo. Poi si è spinto ad affermare che, in qualche modo, quella tassa, pur necessaria, andrà  rivista, per garantire un maggiore gettito ai comuni (una parte delle entrate quest’anno è finita infatti allo Stato).
C’è l’ex ministro del governo Berlusconi, Renato Brunetta, che ricorda come l’Imu sia entrata in vigore con il decreto Salva-Italia del dicembre 2011. Quindi durante l’esecutivo Monti. L’introduzione dell’Imu, al posto dell’Ici, era sì prevista dall’esecutivo Berlusconi, ma soltanto a partire dal 2014 e non avrebbe riguardato l’abitazione principale, ha ricordato Brunetta.
Eppure ora veniamo a sapere che quell’imposta, votata in Parlamento da tutti i partiti che hanno sostenuto il governo Monti, nei momenti più bui della crisi dei Btp, è figlia di un Dio minore. Tutti, ma proprio tutti, si stanno affrettando a dire che in qualche modo la correggeranno.
Silvio Berlusconi ha dichiarato che la cancellazione dell’imposta sull’abitazione principale scatterà  con il primo consiglio dei Ministri, qualora risultasse vincitore della competizione elettorale. Monti ha detto che andrà  rivista. Il leader del Pd, Pierluigi Bersani ha sottolineato come sarà  necessaria una riflessione sulla prima casa. Verrebbe quasi da pensare che quei 24 miliardi entrati nelle casse dello Stato, e utilissimi per convincere i mercati e tappare i buchi, adesso non li voglia più nessuno. E ieri, infine, è arrivata la critica dell’Europa: secondo Bruxelles l’imposta, per come è stata congegnata, non funziona. Dovrà  essere corretta ispirandosi a criteri di maggiore progressività  (più alto è il reddito più si paga, o più immobili si hanno più si versa) altrimenti potrebbe aumentare il tasso di povertà  del Paese. Un richiamo forse esagerato, ma come si può attuare la progressività  in un Paese ad alto tasso di infedeltà  fiscale e di catasto non aggiornato?
Di serio, in tutta questa vicenda, c’è solo una cosa: il sacrificio fatto dagli italiani per pagare l’Imu. Il resto sarà  interessante vederlo.


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