by Sergio Segio | 26 Gennaio 2013 9:46
GERUSALEMME. Giovedì al Senato John Kerry, il prossimo Segretario di stato Usa, è sembrato insistere più sui conti dello Stato da rimettere in ordine, sull’economia, che su nodi centrali della politica estera statunitense. Non ha mancato comunque di far riferimento alla questione del programma nucleare iraniano, affermando di condividere la linea «della diplomazia» del presidente Obama. Ma ha anche lanciato un avvertimento: «Nessuno deve avere avere dubbi sulla nostra volontà di risolvere la (presunta, ndr) minaccia nucleare» iraniana. La guerra era e resta una opzione. Vago è l’approccio Usa al conflitto israelo-palestinese. Kerry – la sua nomina è attesa per martedì – però ha lasciato capire che Washington potrebbe lanciare una nuova iniziativa, in sostituzione di quella fallimentare portava avanti da Obama durante il primo mandato. Nessun riferimento al blocco della colonizzazione israeliana dei territori occupati palestinesi, che pure era stata, per pochi mesi, cavallo di battaglia di Obama dopo il suo storico ingresso alla Casa Bianca. Kerry è sembrato consapevole che la soluzione dei due Stati (Israele e Palestina) presto sarà impraticabile se non ci saranno svolte. Ma si è guardato dal puntare l’indice contro le politiche israeliane che stanno silurando questa soluzione.
Conoscono bene quello che accade sul terreno gli attivisti dei Comitati popolari palestinesi che continuano a lanciare iniziative in sfida ai piani di espansione delle colonie e contro il Muro israeliano in Cisgiordania. Ieri dozzine di giovani hanno cominciato a ricostruire nei pressi di Beit Iksa, tra Ramallah e Gerusalemme, l’accampamento di al Karama (Dignità ) – distrutto nei giorni scorsi dalla polizia israeliana – eretto per protestare contro la confisca di terre palestinesi. Al Karama è il secondo campo di tende al quale hanno dato vita i Comitati popolari. Ad inizio del mese circa 300 attivisti, tra i quali diversi israeliani e stranieri, con un blitz fondarono Bab al Shams (Porta del Sole) nel corridoio E1, ad Est di Gerusalemme, dove il premier israeliano Netanyahu ha annunciato che saranno costruite migliaia di case per coloni. Si tratta di un progetto che, se realizzato, spezzerà in due la Cisgiordania palestinese. Bab al Shams fu subito sgomberato con la forza dalla polizia israeliana. Al Karama-Beit Iksa invece si trova ad Ovest di Gerusalemme. È un’area isolata, con un posto di blocco per gli accessi al villaggio dall’unica strada di collegamento con Ramallah. La colonia di Ramot lo circonda con il cantiere per l’alta velocità Gerusalemme-Tel Aviv, in appalto all’italiana Pizzarotti, il cui tracciato passerà anche attraverso i Territori occupati peraltro senza prevedere stazioni di fermata a beneficio dei palestinesi. Ieri sera gli attivisti di al Karama si attendevano un nuovo intervento della polizia per evacuare con la forza l’accampamento.
L’attivismo palestinese nel frattempo non esita a raggiungere anche i piani alti del mondo del calcio. Una delegazione ieri si è presentata nella sede Uefa a Nyon, per depositare una petizione contro la decisione di far tenere i campionati europei under 21 in Israele, paese accusato di aver arrestato e detenuto diversi sportivi di Cisgiordania e Gaza e di porre ostacoli allo svolgimento del campionato di calcio palestinese. Il capo dell’Uefa, l’ex fuoriclasse francese Michel Platini, ha risposto che la sua organizzazione ha già dato il suo contributo alla scarcerazione di un giocatore di football palestinese. Allo stesso tempo Platini non ha fatto alcun riferimento ad un possibile spostamento della sede dei prossimi campionati europei, come chiedono i palestinesi.
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