by Sergio Segio | 17 Gennaio 2013 8:01
ROMA — Senza truppe sul terreno, ma fornendo soprattutto mezzi, l’Italia si prepara ad appoggiare l’offensiva militare cominciata dalla Francia la settimana scorsa contro le milizie fondamentaliste islamiche che controllano il Nord del Mali. In tempi che ieri non risultavano ancora definiti nei dettagli, dal nostro Paese dovrebbero partire: una ventina di istruttori tenuti a contribuire ad addestrare le forze armate regolari maliane, divisa in due gruppi da una decina; aerei militari da trasporto C 130-J e C-271 utili ai francesi o alle forze armate di Paesi africani; Boeing 767 in grado di rifornire in volo di carburante caccia amici come nella guerra del 2011 in Libia. Il presidente francese Franà§ois Hollande non ha escluso anche droni, aerei senza pilota.
Ieri il governo di Mario Monti ha superato la fase della consegna a un sostanziale silenzio alla quale, benché fosse stato informato da Parigi, si era attenuto dalla settimana scorsa dopo l’inizio dell’attacco francese nel quasi spappolato Stato del Sahel. Malgrado la legislatura sia alla sua fine, a Roma, davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha annunciato: «L’Italia è pronta a un supporto logistico dell’operazione in Mali». Motivazione: «Arrivare a una rapida soluzione di questa crisi per evitare che si radichi la presenza endemica di forze estremiste sul territorio». Giampaolo Di Paola, il titolare della Difesa, pur escludendo soldati «sul terreno» ha fatto notare: «Il governo e le forze armate maliane, senza un aiuto immediato, crolleranno».
Nel decreto di finanziamento sulle missioni militari attualmente all’esame del Parlamento sono previsti fondi per 24 istruttori italiani tra Mali e Niger. Per prevenire le obiezioni di quanti potrebbero invocare l’articolo 11 della nostra Costituzione — «ripudia la guerra» come «mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», però consente le «limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace» — Terzi ha sottolineato: l’azione francese e quella programmata dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale sono «in linea con la risoluzione 2085 del Consiglio di sicurezza» dell’Onu.
In verità non tutti sono convinti che l’offensiva darà i frutti sperati, e presto. Monti, Terzi e Di Paola, in via riservata, nei giorni scorsi hanno ritenuto necessario dosare gli appoggi materiali, tuttavia non lasciare politicamente sola la Francia.
Ieri il segretario alla Difesa uscente degli Stati Uniti Leon Panetta, già direttore della Cia, durante una visita a Roma nella quale è stato anche dal Papa ha avuto incontri con Giorgio Napolitano, il presidente del Consiglio e i due ministri. In serata la valutazione del cittadino americano di origini calabresi che sta per lasciare la direzione del Pentagono a Chuck Hagel è stata: «Gli Stati Uniti e l’Italia sono d’accordo sulla necessità di sconfiggere Al Qaeda nel Maghreb (…). Quella del Mali non è soltanto una guerra francese, occorre uno sforzo internazionale».
Panetta è ricorso a un paragone con la Somalia: «E’ una guerra che richiederà pressione per molto tempo». Per gli Stati Uniti, ha fatto presente il Washington Post, un intervento militare diretto con la Francia è complicato da una norma che impedirebbe aiuti a governi in carica grazie a colpi di Stato, come il maliano. «Ogni volta che mi giro trovo un gruppo di avvocati», ci ha scherzato su il democratico che finora ha in mano le forze armate americane.
Al presidente della Repubblica italiana Panetta ha confermato la stima di Barack Obama. Nel garantire l’appoggio ai francesi, ha sostenuto che le operazioni devono passare il prima possibile agli africani. Oggi a Bruxelles Terzi e gli altri 26 ministri degli Esteri dell’Unione Europea dovrebbero spingere in avanti la missione di addestramento Eutm, sigla forse presto più nota.
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