by Sergio Segio | 31 Gennaio 2013 7:53
ROMA — «Ilda Boccassini conti fino a tre prima di parlare. Mi basta sapere cosa pensava di lei Borsellino e cosa pensava di me». «Contino entrambi fino a trenta e lascino fuori mio fratello, Paolo». «Non usi il nome di mio fratello Giovanni per fare politica». «Mai usato. Lei sì e non venne eletta». Non si sottrae Antonio Ingroia alle polemiche nate da quel suo riferimento a Falcone, fatto per difendersi dalle critiche sul suo repentino passaggio da ex pm a candidato premier per Rivoluzione civile. «Non è un caso che quando Falcone iniziò la sua attività di collaborazione con la politica — aveva detto — le critiche peggiori giunsero dalla magistratura. È un copione che si ripete». Un «paragone» che ha fatto sobbalzare molti. «Un equivoco», tenta di spiegare il leader idv Antonio Di Pietro.
Ma dopo il «vergogna» di Ilda Boccassini, ieri le polemiche sono proseguite. Complice la risposta del leader di Rivoluzione civile al procuratore aggiunto di Milano: «L’unica a doversi vergognare è lei che, ancora in magistratura, prende parte in modo così indecente e astioso alla competizione politica manipolando le mie dichiarazioni». E poi l’allusione ai giudizi di Borsellino su di lei. «Capisco che in campagna elettorale si usino dei toni alti, mi piacerebbe che nelle campagne elettorali si usassero dei toni più costruttivi, più programmatici e pacati», è intervenuto il ministro della Giustizia, Paola Severino.
Ma il clima non si è rasserenato. Un «paragone fuor d’opera», rimprovera l’ex capo della Dna, neocandidato pd, Pietro Grasso, tirato in ballo da Ingroia («a lui che ha avuto un incarico nazionale molto più importante del mio nessuno rimprovera nulla»). E anche il collega Stefano Dambruoso, candidato con Lista Civica di Monti, rimarca la «caduta di stile». «Falcone non fece mai politica», rincara Roberto Saviano. «Sbaglia Ingroia a lacerare l’antimafia» aggiunge Nichi Vendola. «Ingroia si intesta meriti che non ha» accusa il Pdl, Amedeo Laboccetta.
Ma a fare più rumore sono le critiche dei familiari dei giudici uccisi dalla mafia. Ai quali Ingroia risponde però a muso duro. Dalla sorella di Falcone, Maria, era arrivata una bordata pesante: «Rispetto la storia professionale dell’ex procuratore aggiunto di Palermo. Ma la storia di mio fratello è stata del tutto diversa. E non permetto a nessuno di parlare di Giovanni per autopromuoversi a livello politico». Forte la replica: «Si informi prima di parlare. Io non ho mai usato il nome di Giovanni Falcone per i voti. Lei invece sì, quando si candidò per prendere il seggio al Parlamento europeo e non venne neppure eletta». Non è piaciuto nemmeno a Salvatore Borsellino il «mettere in mezzo» il fratello: «In questo caso il mio amico Ingroia ha già detto una parola di troppo — l’ha bacchettato —. Paolo nelle campagne elettorali non c’è mai voluto entrare e non ci vorrebbe certo entrare da morto».
Difende Ingroia, invece, uno stretto collaboratore di Falcone e Borsellino alla squadra mobile di Palermo, Pippo Giordano: «La Boccassini ha preso una cantonata. Ingroia è stato un ottimo magistrato e sono sicuro che sarà un ottimo parlamentare».
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