In corsa il figlio di Gaspari: una vita a dimostrare di non essere scemo
Ora si candida capolista in Abruzzo per Centro democratico, la lista di Bruno Tabacci e Massimo Donadi. Gaspari ha un cognome che pesa. Gran signore dell’Abruzzo, lo «zio Remo», come veniva chiamato familiarmente, era un doroteo stimato, ma anche un uomo di potere, re delle raccomandazioni, principe del clientelismo. Riempì di abruzzesi gli uffici postali e fece costruire l’autostrada Roma-Pescara. «Io sono il territorio», usava ripetere. Tutte le domeniche, nella sua casa di Gissi, riceveva la visita di chi chiedeva un «aiutino».
Lucio Gaspari, classe ’46, non ha seguito da subito le orme del padre. «Me lo sconsigliò — racconta —. E, visto il carattere, i suoi consigli erano ordini. Segui la tua carriera, mi disse, non puoi fare tutte e due». Così è diventato un chirurgo. Aiutato dal padre? «Il contrario: dovevo sempre dimostrare di non essere scemo. Ha presente Cesare Maldini? Dicono che il figlio sia diventato più bravo del padre: le qualità si vedono sul campo. Ma non è stato facile. Per dirne una, Enrico Berlinguer — personaggio stratosferico, che non oso criticare — fece un’interrogazione al ministro della Sanità per chiedere conto di una mia nomina. Era male informato».
Lucio decide di buttarsi in politica alla morte del padre, nel luglio del 2011: «Alla camera ardente vidi tutta questa gente che piangeva. Molti mi hanno chiesto di impegnarmi». Casini gli offre una candidatura. «Fino al 7 gennaio era ancora così. Poi le cose sono cambiate. Non mi è piaciuta la deriva da partito personale, con Casini novello Augusto, imperatore senza carica. E poi io non sono di quelli che dormono con il sacco a pelo davanti alla porta di Buttiglione o Cesa. Così, ho deciso di rispondere sì a Tabacci, personaggio eccelso, che stimava anche mio padre».
Eloquio torrenziale, Lucio Gaspari dà giudizi netti: «Berlusconi ha messo in ginocchio il Paese, Montezemolo è un Berlusconi bis più aggraziato, Monti ha colpito la classe media». Con Tabacci, coetaneo, si conoscono da sempre: «Sapevo che Casini avrebbe menato per il naso Lucio. La mia è stata una scelta morale, per stima nei confronti del padre». Quanto alle raccomandazioni, Gaspari jr la vede così: «Sono in continuità politica con mio padre, ma voglio marcare anche una distanza. In un mondo ideale non dovrebbero esistere. Diciamo che io sono per la raccomandazione anglosassone: la segnalazione di persone meritevoli. Ma voglio seguire anche l’esempio di mio padre. Uno che non si è mai arricchito, che viveva nella casa costruita dal nonno e che non era come tanti imbonitori di oggi: lui si portava a casa valigie di documenti e li studiava fino alle tre di notte».
Related Articles
Formigoni e l’investitura del Cavaliere. Ma lui non ha deciso
MILANO — Tavolo regionale lombardo del Pdl. Roberto Formigoni arriva in viale Monza a Milano. Le auto della scorta parcheggiano sul marciapiede. Il governatore entra come se fosse a casa sua, come se l’appoggio a Gabriele Albertini, ripetuto con cadenza quasi quotidiana, fosse una battuta da vaudeville e che lui è sempre stato parte integrante del Pdl.
Senato e Camera rallentano i piani di Salvini. E il rilancio è un bluff
Salvini spara a salve. Conte in aula il 20. Il leghista: «Allora subito la riforma costituzionale, si può comunque votare a ottobre». Ma non è vero e la crisi blocca tutto
Il Tar spiazza tutti: Lazio al voto il 3 febbraio