Ilva, scontro sul dissequestro dell’acciaio

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TARANTO — L’acciaio ancora sotto sequestro. Il pagamento congelato degli stipendi per diecimila operai. E, nella serata di ieri, 500 poliziotti in più arrivati in città  perché il clima è teso, la paura tanta. Taranto aspetta così la decisione del gip Patrizia Todisco che oggi stabilirà  se restituire o no all’Ilva quel miliardo di euro di acciaio, sotto sequestro da due mesi, perché prodotto quando lo stabilimento doveva essere fermo. «Se non ci ridanno quel prodotto non abbiamo i fondi per pagare gli stipendi e saremo costretti a mettere tutti gli operai in cassa integrazione», ha tuonato l’azienda. Il governo venerdì, dopo una riunione straordinaria, ha chiesto alla magistratura di togliere i sigilli sulla base di quella legge salva Ilva approvata nelle scorse settimane. Ma la Procura ritiene incostituzionale la norma e per questo l’ha impugnata davanti alla Corte.
Per sbloccare la situazione «ed evitare un pericolosissimo scontro tra poteri dello Stato» il presidente della Regione, Nichi Vendola, subito appoggiato dal leader del centrosinistra Pierluigi Bersani, ha messo sul tavolo la proposta di un “lodo”: «L’Ilva — propone Vendola — chieda il dissequestro dell’acciaio vincolando però il ricavato della vendita di quel materiale al pagamento degli stipendi e alle opere di ambientalizzazione promesse e che al momento non si sono ancora viste. A gestire i soldi potrebbe essere il Garante nominato dal Governo, il procuratore generale Vitaliano Esposito». Un’idea questa che, pur mettendola in grande imbarazzo, non è stata raccolta dall’azienda che ieri pomeriggio ha diffuso una nota: «nell’auspicata ipotesi di un dissequestro dei prodotti lavorati e semilavorati, i proventi della commercializzazione verranno destinati come è ovvio che sia agli adempimenti previsti dall’Aia, al pagamento delle retribuzioni dei lavoratori e a quant’altro necessario per la sopravvivenza dell’azienda». Ma non ha presentato alcun documento nelle cancellerie del tribunale: potrebbe farlo oggi, magari depositando una fideiussione del valore della merce a garanzia.
Nella mattinata di ieri, invece, il presidente Bruno Ferrante aveva incontrato i sindacati a Roma assicurandoli sulla «solidità  dell’azienda», ma confermando che senza la restituzione dell’acciaio potrebbe saltare tutto da un momento all’altro. «Il problema resta sempre quello della credibilità », ha commentato dopo l’incontro il segretario della Fiom, Maurizio Landini. «Servono quattro miliardi di euro di investimenti e per ora la famiglia non li ha tirati fuori».
La vicenda tornerà  oggi su due tavoli importanti: quello del gip Todisco e quello del governo: «Ne parleremo in Consiglio dei ministri ma speriamo che non ci sia bisogno di un altro provvedimento », ha detto il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che domani sarà  a Taranto per incontrare sindacati e istituzioni. In un primo momento l’esecutivo aveva anche pensato a un nuovo decreto che prevedesse l’immediata esecutività  affidando alla Capitaneria di Porto il compito di prelevare l’acciaio e consegnarlo all’azienda. Ipotesi poi tramontata per evitare un ulteriore scontro con la magistratura in presenza di un clima assai teso: ieri sono arrivati 500 nuovi poliziotti. La situazione per il momento è tranquilla, ma si teme che, se dovesse saltare il pagamento degli stipendi, potrebbe degenerare: informative delle forze di polizia parlano di un movimento operaio sempre più disaggregato, con i tradizionali sindacati non in grado di controllare la situazione e pezzi di fabbrica controllati dai vecchi sodali del sindaco, Giancarlo Cito, e a elementi vicini alla criminalità . E alle ultime riunioni dei lavoratori avrebbero partecipato poi anche persone esterne, vicine alle aree antagoniste.


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