by Sergio Segio | 23 Gennaio 2013 7:42
ROMA — Le parti sociali presentano le loro agende in vista delle elezioni politiche. Ieri è toccato a Rete Imprese Italia e alla Cisl, oggi a Confindustria e venerdì alla Cgil. Il presidente di turno del network delle piccole imprese Carlo Sangalli (che ricorda di rappresentare oltre 4 milioni di aziende, il 60% del Pil e dei lavoratori) ha annunciato che le cinque organizzazioni si «mobiliteranno lunedì in tutta Italia» per spiegare le dimensioni della crisi. E i dati diffusi ieri non scherzano: nei primi nove mesi del 2012 il saldo tra imprese nate e chiuse è negativo per oltre 70 mila, il reddito delle famiglie è tornato a quello di 27 anni fa, (17.337 euro), le banche hanno ridotto i finanziamenti di 32 miliardi di euro, la pressione fiscale «vera» è di oltre il 56%.
Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, illustrerà oggi in una attesa conferenza stampa la «sua» agenda per lo più mirata alla crescita. Avrà tre obiettivi centrali, tutti da conseguire entro la prossima legislatura: ridurre al 100% il rapporto debito pubblico/Pil; portare il peso dell’industria manifatturiera dall’attuale 7% del Pil al 20%; crescere di almeno il 2% all’anno. Saranno indicate anche le risorse per sostenere questo sforzo, da trovare nella rimodulazione delle aliquote Iva, nel taglio di almeno l’1% della spesa corrente, nell’accelerazione delle liberalizzazioni e della privatizzazione delle aziende ex municipalizzate. Un dossier di 18 pagine, slide comprese, destinato a pesare sui tavoli e sui programmi che le varie coalizioni stanno mettendo a punto in questi giorni.
E poi Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, ieri ha spiegato il piano Cisl per uscire dalla palude chiedendo «80 miliardi di euro per far ripartire l’economia» in gran parte da destinare al taglio delle tasse. Per il sindacalista le risorse vanno recuperate da una maggior lotta all’evasione, dal taglio delle agevolazioni fiscali, dalla vendita del patrimonio immobiliare». Bonanni, nonostante la polemica di questi giorni, si è espresso a favore del nuovo redditometro definito «strumento validissimo».
Venerdì e sabato toccherà al segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, presentare al Palalottomatica di Roma il «Piano del lavoro» al quale la sua struttura ha lavorato per mesi. Ci sarà ovviamente una richiesta generale di modifica sostanziale delle riforme Fornero su lavoro e previdenza e una lunga serie di ricette antirigoriste e keynesiane per rilanciare la domanda aggregata del Paese.
Sfuggono a queste agende quelle della Uil, dell’Abi (Banche), dell’Ania (assicurazioni) e delle cooperative. Una defezione che non diminuisce granché l’effetto da «ordine sparso» delle principali organizzazioni imprenditoriali del Paese. E che fa riflettere sul richiamo lanciato l’altro giorno dal presidente del Consiglio in carica Mario Monti (e leader della sua lista Scelta civica) contro gli interessi contrapposti. Per il Professore «sembriamo a volte un insieme di tribù, di corporazioni, di fortini intenti a difendere interessi di parte, di incrostazioni clientelari».
Ma la sfida elettorale ormai è partita e non si guarda tanto per il sottile. Anche perché da queste organizzazioni sono arrivate molte candidature: Giorgio Santini (Cisl), Giampaolo Galli (ex direttore generale Confindustria), Luigi Taranto (Confcommercio) e Valeria Fedeli (Cgil) con il Pd, Luigi Marino (Confcooperative) e Alberto Bombassei (Confindustria) con Montezemolo/Monti, Giorgio Guerrini (Confartigianato) con Casini. Ha rinunciato invece Paolo Buzzetti (Ance) che ieri ha denunciato i 10 mila fallimenti delle imprese edilizie.
Ieri l’ex vicepresidente di Confindustria Bombassei si è autosospeso dalla giunta confindustriale per uscirne definitivamente, se verrà eletto. Le «tribù» dunque si sono mosse con tutti i loro potenti apparati per chiedere di rimettere al centro i problemi delle imprese, dei lavoratori e della crescita. Perché non è poi così vero, ha spiegato Sangalli prendendo le distanze dall’ottimismo del ministro dell’Economia Vittorio Grilli, che la crisi sta per finire: «L’uscita dal tunnel non si riesce ancora a scorgere». Il presidente dell’Istat Enrico Giovannini conferma: «La ripresa arriverà solo nella seconda metà dell’anno e sarà molto lenta».
Roberto Bagnoli
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