by Sergio Segio | 22 Gennaio 2013 8:07
ROMA — «E chi l’ha detto che dobbiamo per forza di cose andare al governo?». Quando Mario Monti ha pronunciato queste parole, al termine di un intervento sulle alleanze, è scattato l’applauso. Domenica mattina, nei saloni del centro scientifico Kilometro rosso, che poco dopo avrebbe ospitato l’inizio della sua campagna elettorale, i candidati si sono alzati in piedi, felici per le parole di orgoglio del Professore.
A porte chiuse, con una trentina di persone, il capo del governo ha tracciato la sua visione sul risultato elettorale. C’è chi lo accusa di essere predestinato a fare da stampella a Bersani, a confluire in un progetto di governo con il centrosinistra. Finora lui ha sempre smentito, dicendo che le alleanze si faranno, se ci saranno le condizioni, con i riformisti di tutti gli schieramenti. Dunque scartando l’ipotesi di guardare a sinistra, in modo unilaterale o scontato.
A Bergamo però ha aggiunto dettagli significativi di quella che potrebbe diventare una strategia: dipenderà dagli equilibri del Senato, da quanti senatori Monti e il suo movimento riusciranno a far eleggere, ma la cosa certa «è che oggi ogni discorso sulle alleanze è totalmente prematuro, il nostro scopo è costruire qualcosa di duraturo nel tempo per cambiare l’Italia, non certo andare a tutti i costi al governo, cosa che ci riuscirebbe molto facile forse, ma in questi termini non sarebbe appassionante».
È in quell’espressione, «non a tutti i costi», che si celano le future possibili condizioni per accettare un eventuale ingresso nell’esecutivo. Il discorso con i candidati non è stato approfondito sino a tal punto, ma poche parole sono bastate per far capire a chi lo sostiene che il giorno dopo il voto verranno esaminate in modo molto ponderato tutte le ipotesi, con un solo obiettivo: cercare di dare un governo al Paese realmente «radicale, almeno nelle riforme».
Insomma prima il metodo, poi tutto il resto. E il metodo è quello di schierarsi dove ci sarà il più alto tasso di riformismo possibile e non è detto che possa avvenire in un governo con Vendola, per fare un esempio. Due giorni fa il governatore della Puglia ha teso una mano al Professore chiedendogli però di fare autocritica su alcuni provvedimenti: «Ma scherziamo?», è stata la risposta.
Del resto Mario Monti con i suoi candidati ha ribadito di sentirsi alternativo sia alla destra che alla sinistra, anche con parole e concetti inediti: «Dobbiamo riuscire a comunicare che l’asse decisivo della politica italiana non è più orizzontale, fra destra e sinistra, nel futuro dovrà per forza di cose essere verticale, giocato sulla relazione fra Europa e riforme, e non per assorbire in modo passivo ciò che viene definito a Bruxelles, tutt’altro».
Nella relazione con l’Unione europea infatti vede una delle grandi debolezze italiane degli ultimi lustri: abbiamo perso voce in capitolo, considerato quelle comunitarie come politiche distanti senza comprendere che solo una relazione migliore con le istituzioni della Ue, «anche per far contare la nostra visione», può essere produttiva e determinante per cambiare il Paese.
La riunione ha avuto anche dei tratti divertenti. Alcuni candidati in Veneto, Lombardia, Sicilia, hanno spronato il Professore a restare sulla posizione appena descritta, senza cedere alle lusinghe di possibili corteggiamenti, che sono già arrivati, soprattutto dal Pd. Si sono anche lamentati di come Scelta Civica viene dipinta da Berlusconi, ovvero la figura di quell’eventuale «stampella» a Bersani che Monti ha già escluso ma che nell’immaginario è arrivata agli italiani, assottigliando il bacino potenziale dei consensi. Con tutti, il Professore, è stato chiaro: «D’ora in poi sappiate che io non parlerò di alleanze, nemmeno sotto tortura!».
In queste ore si stanno decidendo anche le tappe di un tour elettorale che comincerà fra pochi giorni. Sembra certo che Monti andrà almeno in cinque Regioni, alcune considerate decisive per il risultato finale in Senato: Sicilia, Campania, Puglia, Veneto e Lombardia. Nel team elettorale non escludono persino qualche comizio, forse in un eccesso di ottimismo sulla metamorfosi politica del Professore.
Marco Galluzzo
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