Il piano del segretario per i «ruoli chiave»

by Sergio Segio | 15 Gennaio 2013 7:28

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ROMA — Per il Pd l’esito delle elezioni è ancora incerto. A Largo del Nazareno c’è chi dà  per perse, almeno al momento, due regioni come il Veneto e la Sicilia e per incerte la Lombardia e la Campania. Tant’è vero che ieri il capogruppo Dario Franceschini a nome del Partito democratico ha chiesto a Leoluca Orlando di convincere Ingroia a un patto di desistenza: «La vostra lista in Sicilia, Campania e Lombardia può farci perdere la maggioranza a palazzo Madama». Il Pd, che per ottenere la desistenza dovrebbe imbarcarsi tre esponenti della Lista Ingroia (questa almeno è la richiesta di Rivoluzione civile) avrebbe voluto che fosse Vendola a condurre la mediazione, ma il governatore della Puglia ha preferito lasciare il compito al partito maggiore della coalizione di centrosinistra.
Eppure, nonostante l’incertezza del Senato continui a gravare, a Largo del Nazareno si pensa già  agli assetti del futuro. La speranza è che Ingroia alla fine abbassi la testa e le pretese. E se non dovesse accadere, allora sarà  l’appello al voto utile a dargli il colpo di grazia. Perciò nei corridoi della sede nazionale del Partito democratico si rincorrono già  le voci dei futuri organigrammi.
Il patto siglato mesi fa tra i maggiorenti del partito è saltato dopo l’apparizione di Renzi. Ma è stato subitamente sostituito da un altro accordo che dovrebbe accontentare un po’ tutti. Intanto una poltrona sembra sicura: quella della presidenza della Camera. Andrà  a Dario Franceschini. Al Senato la questione è più delicata. Anna Finocchiaro è in pole position, ma quel posto potrebbe essere usato nella trattativa con i centristi. Non a caso Pier Ferdinando Casini, che ha fatto qualche pensierino su quella poltrona, ha mostrato un certo stupore quando è venuto a sapere che Finocchiaro è candidata al Senato. Raccontano però che l’esponente del Pd nutra qualche ambizione in più e accarezzi l’idea di essere la prima donna al Quirinale. Questa però è un’altra casella ancora non definita. Il primo obiettivo di Pier Luigi Bersani è quello di «cambiare il Porcellum». «Non dovremo attendere cinque anni — è il ritornello del segretario del Pd — per mettere mano alla riforma elettorale: la prossima dovrà  essere una legislatura riformatrice anche sul piano istituzionale». E il Colle potrebbe essere un posto chiave per allargare lo spettro delle forze politiche con cui siglare un’intesa per abolire il Porcellum. Perciò a questo punto appare improbabile che possano andarci Mario Monti o Romano Prodi, per quanto quest’ultimo abbia più chance del primo. C’è infatti chi giura di aver sentito Silvio Berlusconi dire che potrebbe votare il suo avversario di un tempo per mettere in difficoltà  il Pd nei rapporti con i centristi. O comunque un altro esponente del centrosinistra sempre per mettere in imbarazzo i Democrat.
A palazzo Chigi gli scenari futuri sono assai più semplici da prevedere. Tutti scommettono che appena Bersani varcherà  quella soglia chiamerà  Vasco Errani. Sarà  il presidente della giunta regionale dell’Emilia-Romagna il Gianni Letta del leader del Pd. Del resto, in questi giorni Errani ha assunto già  le funzioni da sottosegretario del Consiglio perché è lui che sta portando avanti tutte le trattative per conto di Bersani. Con il segretario del Partito democratico al governo bisognerà  dare una guida al Pd. In questo senso regge ancora l’ipotesi di affidare questo ruolo a Fabrizio Barca. E infatti tutti hanno notato come l’Unità  da qualche tempo in qua stia dando spazio al ministro per la Coesione territoriale.
A fianco di Bersani, come vice premier, ci sarà  Nichi Vendola, che alla stregua di Veltroni, dovrebbe prendere i Beni culturali. Mentre per un altro esponente di Sel, l’ex segretario di Rifondazione Franco Giordano, è previsto un posto di peso nel governo. Massimo D’Alema pensa all’Europa, ma si vedrebbe bene anche alla Farnesina. Per Fabrizio Saccomanni si parla del ministero dell’Economia, mentre per Laura Puppato di quello dell’Ambiente. Dovrebbe andare al governo anche Graziano Delrio. In questo caso è più che probabile che Matteo Renzi prenda il suo posto alla presidenza dell’Anci.

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