Il piano Camusso cementa l’asse a sinistra

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ROMA — La photo opportunity modello Vasto non c’è stata, ma al suo posto c’è stato il lungo abbraccio tra la Cgil di Susanna Camusso e il centrosinistra di Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola. Al PalaLottomatica di Roma, il segretario generale della Cgil ha scelto accuratamente gli invitati politici, tra i quali il ministro Fabrizio Barca, Bruno Tabacci e Giuliano Amato, per presentare il suo piano per il lavoro. Ed è stata ripagata dalle lodi dei leader. Assenti gli esponenti degli altri schieramenti anche di sinistra, come fa notare polemicamente il segretario della Fiom Maurizio Landini. E come fa notare lo stesso Antonio Ingroia, che scrive alla Camusso.
A sigillare l’abbraccio con la Cgil, un avversario comune: Mario Monti. Contro il premier, ormai, è guerra aperta. I ripetuti attacchi del Professore — dalla questione esodati al Monte dei Paschi di Siena, fino all’apertura di ieri a un Pdl senza Berlusconi — hanno irritato Bersani. Che ha replicato poco prima di arrivare al PalaLottomatica: «Monti trova un difetto al Pd tutti i giorni, per un anno non ne ho mai sentiti».
La giornata comincia con la relazione della Camusso, che lancia il piano del lavoro, a 64 anni di distanza da quello di Giuseppe Di Vittorio. La leader della Cgil vorrebbe «chiudere l’epoca delle politiche liberiste che insieme al rigore e all’ossessione del debito hanno lasciato solo macerie». Spiega che «pensare a un intervento pubblico nell’economia non è una bestemmia né un pericolo sovversivo». Chiede di destinare 50-60 miliardi di euro in tre anni per il lavoro, «che è il pane», tra assunzioni, welfare e ammortizzatori sociali. Un piano che secondo una simulazione del Cer (Centro Europa ricerche), porterebbe a un aumento dell’occupazione del 2,9% tra il 2013-2015 e a una crescita del Pil del 3,1% nello stesso periodo. Per Camusso serve soprattutto equità  fiscale: «Una seria progressività  nella tassazione e una tassa sulle grandi ricchezze, sui patrimoni e sulle rendite finanziarie». Una proposta che, nei suoi piani, non vuole essere «un libro dei sogni». E che viene subito criticata da due esponenti montiani di «Scelta Civica», Carlo Calenda e Marco Simoni: «Un piano straordinario di 175 mila nuove assunzioni nel 2013 costerebbe la bellezza di 10 miliardi».
Bersani, invece, loda la relazione: «Se stiamo all’analisi della crisi e alle sue origini c’è poco da discutere, siamo d’accordo. Anzi, chiedo, siamo d’accordo solo noi?». Con la Cgil «ci si può intendere su molte cose», a cominciare dall’economia verde: «Le forze sociali non sono controparti, è un errore considerare i sindacati un impaccio. C’è sempre il dovere di discutere». Il leader del Pd spiega che «tra le primissime cose da fare c’è la rivisitazione del patto di Stabilità  con i Comuni per un grande piano di piccole opere». Prima di lui era intervenuto il ministro Barca, che apprezza la riforma fiscale proposta dalla Cgil, anche se dubita «della capacità  che da qui possano arrivare 40 miliardi».
Del tutto in linea con la Cgil, invece, Nichi Vendola. Che impiega molto del suo tempo per attaccare con forza Monti, che definisce «il Grillo con il loden». Per il leader di Sel è «sgradevole sentire Monti dare lezioni di buona finanza al Pd». Lo accusa di «sciatteria tecnica», allude alla «mediocrità  delle carte di Monti, alla sua Agendina, in cui il lavoro è considerato un epifenomeno occasionale della magia del mercato». Quanto alle prospettive di governo, Vendola ne parla in serata, all’«Ultima parola» su RaiDue, non escludendo un ritorno alle urne: «Se non ci sarà  una maggioranza piena sul nostro programma, il centrosinistra, diciamo così, mollerà  la presa».


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