Il guerriero disarmato dell’inchiesta metropolitana

by Sergio Segio | 8 Gennaio 2013 8:32

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Sono gli uomini al potere che ci hanno spinti l’uno contro l’altro. Ci impadroniremo di un quartiere per volta, perché la città  è nostra e noi la vogliamo». È il famoso discorso di Cyrus, all’inizio de I guerrieri della notte. Come capita a molti film, anche questo è tratto da un libro, un grande libro: The Warriors. E come altrettanto spesso accade, film e romanzo sono cose differenti, tanto da aver fatto pensare all’autore che la traduzione cinematografica avesse ben poco a che vedere con il suo libro, in cui la realtà  delle gang è narrata nella sua crudezza materiale, senza spazio per edulcorazione e romanticismo.
L’autore è Sol Yurick, morto lo scorso 5 gennaio. La città  di cui Cyrus parla, quella dei guerrieri, è New York, il luogo della scena è il Bronx, dove Sol è nato nel 1925 da una famiglia ebrea della working class. Il padre era immigrato negli Stati Uniti per tentare di sfuggire all’alternativa tra la persecuzione e il diventare un colono in Palestina. Era comunista, Sol lo sarebbe diventato più tardi, dopo un periodo in cui il patto Ribbentrop-Molotov lo aveva allontanato dalla politica. Inizia a scrivere al college, dove era riuscito ad entrare attraverso il programma governativo che garantiva l’istruzione ai figli dei veterani di guerra. Nel frattempo, siamo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, Sol lavora per il dipartimento del welfare di New York: «qui ho conosciuto figure proletarie diverse da quelle con cui sono cresciuto, senza la capacità  di organizzarsi per lottare. Ho così scoperto le gang, come forma selvaggia di ribellione», ha raccontato in un’intervista uscita su queste pagine l’11 luglio del 2010. Ed è qui che matura l’idea di The Warriors (il suo primo romanzo pubblicato, nel 1965, 14 anni prima del film): l’Anabasi di Senofonte viene trasportata a New York, i diecimila mercenari greci che danno vita a quella che «si potrebbe definire una rivoluzione» si trasformano nei guerrieri delle gang. Per realizzarlo Sol vive a contatto con i giovani delle bande, fa meticolosamente inchiesta, affitta addirittura un furgone con dei buchi sulla fiancata per osservarli nei loro comportamenti. Non consegna nulla all’irreale: per raccontare nei dettagli la fuga di uno dei guerrieri nelle gallerie della metropolitana, compie lui stesso il percorso e annota i tempi.
Contro sociologi e accademici impegnati a denunciare la delinquenza giovanile, Sol racconta la complessità  delle gang e ne rintraccia le basi materiali, non tace i lati oscuri ma è attento a coglierne le potenzialità  sovversive. Del resto come in tutti gli altri suoi scritti, il punto di vista di classe è centrale: «non ero marxista all’epoca, ma pensavo di essere rivoluzionario». Negli anni successivi Sol si impegna nei movimenti contro la guerra e prende parte all’esperienza dello «Student for a Democratic Society». Alla fine degli anni Settanta partecipa ai comitati internazionali contro la repressione in Italia, portata avanti da un Partito comunista fedele a quella matrice staliniana responsabile del suo temporaneo allontanamento dall’attività  politica.
Dopo I guerrieri della notte («non è il miglior libro che ho scritto»), pubblica altri romanzi: da Fertig (scritto tempo prima, ma rifiutato per 27 volte) a The Bag (Nel sacco, insieme a The Warriors, è l’altro libro tradotto in italiano), fino ad arrivare all’ultimo, The Confession, uscito nel 1999. A partire dagli anni Ottanta il suo lavoro si concentra sul linguaggio e sui sistemi simbolici, anticipando molti temi che saranno centrali nelle trasformazioni produttive e nella contemporanea crisi del capitalismo.
Quando lo abbiamo intervistato, all’età  di 85 anni, colpivano la lucidità , la determinazione, la curiosità . Ci ha parlato – pacato e divertito – di un’autobiografia che stava scrivendo da anni, e che resta inedita. Ciao Sol, ci mancherai guerriero della libertà .

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