by Sergio Segio | 23 Gennaio 2013 7:32
ROMA — Il giorno dopo serve a rifiatare. La grande battaglia delle liste ha lasciato i segni nel corpo e nell’anima di un Pdl squassato dal caso Cosentino, ferito inevitabilmente dal dimezzamento delle candidature rispetto ai numeri degli uscenti, in certi casi perfino umiliato da scelte che — protestano soprattutto in Piemonte e Liguria — non rispettano «le logiche del territorio».
Adesso toccherà mettersi questo traumatico passaggio alle spalle, e in fretta. Ed è quello che ha intenzione di fare Silvio Berlusconi, partito lunedì notte per Arcore e al lavoro per definire quel nuovo «Contratto con gli italiani» che dovrà essere il cardine dell’ultimo mese di una campagna elettorale finora a costo quasi zero (solo tv, radio e Internet, pochissimi spazi pubblici prenotati anche per le prossime settimane, manifesti ridotti all’osso). Ma prima c’è da chiudere ufficialmente il caso Cosentino, nella consapevolezza — come dicono i big del Pdl — che «in fondo Nicola nelle sue dichiarazioni si è comportato in maniera civile».
«A questo punto sono sicuro di vincere. Non temo contraccolpi nei vari livelli locali», dice dunque a Studio Aperto di primo mattino il Cavaliere. «Abbiamo dovuto chiedere a nostri amici, colleghi, di rinunciare ad essere presenti nelle liste perché una magistratura politicizzata li aveva attaccati — è la linea —. Senza quelle esclusioni poteva diminuire il nostro consenso. Insomma, dovevamo fare queste scelte dolorose», ma certo meritano un grande ringraziamento le persone che «hanno rinunciato di sponte propria» a entrare nelle liste.
Fra queste in qualche modo c’è Dell’Utri, che fino all’ultimo ha invocato una candidatura: «Io — dice alla Zanzara scegliendo l’ironia — non mi sento impresentabile, però Berlusconi mi ha detto che mettendomi in lista perde un milione e mezzo di elettori. Sbaglia, io non ci credo, così mi sono tolto dalle palle e non si potrà dire mai che ha perso per causa mia. Io in realtà pensavo di prenderli i voti, volete che non ci siano un milione e mezzo di delinquenti che mi votano?». E su Cosentino: «L’avrei tenuto perché le accuse non stanno in piedi e poi non candidarlo significa mandarlo direttamente a Poggioreale, una cosa assurda». Intanto promette fuoco e fiamme Alfonso Papa, altro escluso, che in custodia cautelare è stato per mesi: «Berlusconi aveva promesso non a me ma a mia moglie e mia figlia che mi avrebbe ricandidato. Queste scelte fatte per mero calcolo e giustizialiste sono pericolose. Questo Pdl non lo voto più», dice alla trasmissione KlausCondicio.
Sfoghi, ma in queste ore molto diffusi nel Pdl. E in via dell’Umiltà — oltre a fare scenari sul futuro (si è discusso di un possibile ruolo di Berlusconi presidente del Senato come obiettivo in caso di stallo a Palazzo Madama) un certo timore per la sorte di alcune regioni c’è. Oggi arriveranno i sondaggi nazionali nei quali, è la speranza, si potrebbe già registrare un incremento per la scelta dell’esclusione degli «impresentabili». Ma in Campania adesso «sarà durissima — dicono dal partito —. Anche se Cosentino non si metterà di traverso, la botta la sentiremo». E preoccupazione c’è anche per due Regioni come Piemonte e Liguria dove il territorio è in subbuglio per le candidature di «catapultati»: il rischio di un arretramento, dicono «è consistente», come potrebbe esserlo il travaso di voti nei due partiti di destra dovuto all’esclusione di gran parte degli ex An: in posti sicuri ormai ne restano solo 15.
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