I sondaggi sono fotografie, non vaticini

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Alcuni commenti, tuttavia, partono da una impostazione errata e pericolosa. Vale la pena, dunque, di sottolineare nuovamente come, specie nel corso di una campagna elettorale, i sondaggi non abbiano tutto quel valore previsivo che alcuni attribuiscono loro. Ma rilevino solamente lo stato delle opinioni in un certo momento, per di più con un margine di approssimazione statistico che in particolare comporta difficoltà  nello stimare il seguito dei piccoli partiti. Occorre considerare che, in un periodo di diffusa indecisione e mobilità  potenziale come l’attuale, alcuni eventi possono influenzare l’elettorato, mutandone le intenzioni di voto. A dicembre, ad esempio, il Pd vide incrementarsi notevolmente i suoi consensi ad effetto delle primarie e il fenomeno fu certificato dai sondaggi. Poi la crescita si è attenuata. Ancora, proprio in questi giorni, tutte le ricerche registrano una ripresa del Pdl, anche a seguito della presenza di Berlusconi in televisione, in ultimo da Santoro. E la stessa sondaggista di riferimento di Berlusconi, Alessandra Ghisleri, avverte che si tratta di una avanzata potenzialmente provvisoria.
Anche per il passato si tende a sostenere che un tale ricercatore avrebbe «azzeccato» il risultato futuro e che un altro avrebbe «sbagliato». Non è necessariamente così. Dipende dal momento in cui si è effettuata la ricerca e dalla evoluzione successiva della campagna. In diversi casi, la condotta e le scelte comunicative di un candidato hanno finito col sovvertire l’orientamento a lui o a lei favorevole.
Insomma, i sondaggi descrivono, com’è inevitabile, solo la situazione in un dato momento. Seguono e documentano la campagna elettorale, ma non possono, per loro natura, prevederne gli esiti. Il che suggerisce che le ricerche dovrebbero essere usate come strumento per la campagna, per sollecitare o correggere temi o iniziative, non tanto come previsione.
In definitiva, occorre considerare i sondaggi per quello che sono: fotografie, non vaticini.


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