I sondaggi di Monti sugli indecisi: metà lo voterebbe
ROMA — Una società americana che lavora per Monti ha calcolato che il 50% degli indecisi, che in Italia al momento sono diversi milioni di cittadini, tentenna sul nome del Professore. In altri termini: o non andrà a votare o se lo farà darà il voto all’ex rettore della Bocconi. Il committente ha accolto il dato con soddisfazione.
L’altra metà di coloro che non hanno ancora deciso, che stanno valutando, che attenderanno l’ultimo momento per sciogliere la riserva, si dichiarano oggi propensi a votare per tutti tranne che per Monti, ammesso che alla fine decidano di recarsi alle urne.
Il moderato ottimismo che si coglie fra chi lavora per il premier dimissionario è fatto anche di queste cose. I numeri dei sondaggi attuali vengono analizzati con un certo distacco. Sono forse non confortanti, la forchetta resta al momento ferma fra il 13% e il 15%, ma è quella che viene individuata come «la prateria degli indecisi» a dare motivi di speranza.
Altra speranza è offerta dal valore attuale delle rilevazioni: «In gran parte su utenze fisse, con campioni obsoleti». E dunque? «E dunque non valgono molto, anzi quasi nulla». Alcuni negli anni passati ci hanno azzeccato: «Siamo ufficialmente in corsa da appena 16 giorni, abbiamo iniziato con il 3% e siamo arrivati ai numeri attuali, siamo stati sempre in crescita, almeno nel trend complessivo. Abbiamo rilevazioni nostre, che teniamo per noi, che sono profondamente diverse dalle cifre che ogni giorno pubblicano i quotidiani e le televisioni».
Domenica a Bergamo, con tutti i candidati, Monti presenterà una sorta di gemmazione della sua Agenda. Poi, dopo qualche giorno, dovrebbe prendere forma una versione più concreta, elettorale. Al programma declinato con numeri, cifre, proposte dettagliate stanno lavorando in tanti: dall’esperto di spending review Enrico Bondi, sui costi del Paese, a Linda Lanzillotta, sulla semplificazione amministrativa; da Lorenzo Dellai (riformulazione delle autonomie) all’economista Marco Simoni.
Il team di coloro che scrivono, offrono contributi, inviano schede, è molto ampio: nomi meno noti si affiancano a quelli di personaggi conosciuti dalle cronache, il ministro Riccardi e Andre Olivero, Mauro Mario e Pietro Ichino.
A caccia di idee forti, in grado di far breccia sugli indecisi, si formano in queste ore vari capitoli di intervento. Una grande parte sarà sicuramente riservata al welfare e al lavoro, ma in questo caso fermarsi alle modifiche possibili alla legge Fornero è fuorviante. «Non è quella la traccia, non è solo questione politica, non è quello che ci guida: chi dice che il Pd non ci ha consentito di fare delle cose che invece presenteremo nel programma non ha capito ancora lo spirito dell’iniziativa montiana. Certo, aumenteremo la flessibilità in entrata, ma non siamo concentrati su questo, o solo su questo».
Un esempio è sul sistema del collocamento: in Italia non funziona, la Fornero non l’ha toccato, all’estero è integrato fra lavoro pubblico e privato, incrocia realmente domanda e offerta, si offre come trasparente ai disoccupati. In sintesi: «Fuori dall’Italia funziona, da noi no e occorre una grande riforma».
Ci sarà poi tutto un capitolo articolato di detassazione: delle contribuzioni per i nuovi assunti, probabilmente, secondo un sistema a scalare; degli utili reinvestiti, in ragione del lavoro nuovo creato dalle imprese. Per ora sono idee all’attenzione del Professore, provenienti da diversi soggetti, articolate in modo diverso: entro pochi giorni dovranno definirsi come ossatura di un programma molto dettagliato. Una strategia elettorale definita anche con gli esperti all’Akpd sta spostando la maggior parte delle novità nelle ultime settimane: sarà allora che gli indecisi forse si decideranno, magari ascoltando Monti che spiegherà le proposte che si appresta a pubblicare.
Sul fisco invece si procede su due fronti: cercare di aumentare la progressività di alcune imposte, a partire dall’Imu, in modo da togliere meno risorse al ceto medio e basso; introdurre una fiscalità di vantaggio con qualche segnale, sulla famiglia, magari riuscendo a rimodulare il carico tributario in relazione al numero di figli.
A fine giornata un piccolo giallo su un presunto kit per i candidati distribuito in Lombardia: un filo di trucco, pochi gioielli, mai interrompere i giornalisti, o gli altri ospiti, in un talk show. Ma non solo: poche spese, sobrietà non solo davanti allo specchio, e dunque anche negli acquisti, con lo stile di vita, con i comportamenti pubblici. E infine un pizzico di tecnologia: aprite un profilo su un social network.
Anche Monti si è convertito all’idea, importata anni fa da Berlusconi? Nemmeno per sogno: l’iniziativa c’è stata ma è locale e disconosciuta in modo secco dal team elettorale del Professore. «È una cultura che non ci appartiene; l’unico materiale che distribuiamo è il programma».
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