I periti: “I medici non capirono patologia La morte di Cucchi era prevedibile”

by Sergio Segio | 16 Gennaio 2013 18:35

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“I medici dell’ospedale Sandro Pertini, con condotte colpose o con imperizia o con negligenza, non hanno saputo individuare la patologia da cui era affetto il paziente Stefano Cucchi, di cui ne
sottovalutarono le condizioni. L’evento morte era prevedibile”. Questo il parere dei periti (i milanesi Cristina Cattaneo, Mario Grandi, Gaetano Iapichino, Giancarlo Marenzi, Erik Sganzerla, Luigi Barana) incaricati dalla terza corte di assise di Roma di stabilire le cause della morte di Stefano Cucchi, deceduto il 21 ottobre 2009 nel reparto giudiziario dell’ospedale Pertini a pochi giorni dal suo arresto.

I sei hanno testimoniato in aula nel corso del processo che, dopo il controesame delle parti civile e di un avvocato di un imputato, è stato aggiornato al 30 gennaio. Sul banco degli imputati sei medici, tre infermieri e tre agenti penitenziari, accusati a seconda delle posizioni di favoreggiamento, abbandono d’incapace, abuso d’ufficio, falsità  ideologica, lesioni ed abuso di autorità . Secondo i pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, Cucchi fu picchiato nelle celle del tribunale mentre era in attesa della convalida dell’arresto e, poi, abbandonato al suo destino in ospedale. Due eventi che, per gli inquirenti, non hanno un nesso causale con la morte.

Per i periti, la causa del decesso è da identificarsi “in una sindrome da inanizione, ossia una mancanza (o grande carenza) di alimenti e liquidi” e non c’è alcun nesso di causalità  tra la
morte e la frattura al sacro e con le ecchimosi al capo. Lesioni in relazione alle quali, per i periti, non era necessario un ricovero. I medici del Pertini “non si sono mai resi conto di essere di fronte a un caso di malnutrizione importante, hanno prestato scarsa attenzione anche all’esame obiettivo del paziente e, non trattandolo in maniera adeguata, ne hanno determinato il decesso”.

La malnutrizione di Cucchi, per gli esperti, era già  visibile dai risultati degli esami svolti all’ospedale Fatebenefratelli qualche giorno prima. Cucchi “doveva essere trasferito in una struttura di terapia intensiva” dove sarebbe stato “probabilmente ancora possibile recuperare il paziente”. Inoltre, “non avendo consapevolezza della patologia di cui Cucchi era affetto, venne pure a mancare da parte dei sanitari del reparto di medicina protetta del Pertini una adeguata e corretta informazione al paziente sul suo stato di salute e sulla prognosi a breve inevitabilmente infausta nel caso egli avesse persistito nel rifiutare cibi e liquidi”.

La patologia da cui era affetto Cucchi, spiegano i periti, “ha un’evoluzione progressiva che da un certo punto in poi non può più regredire e che va incontro ad una evoluzione infausta”. Quanto alla posizione degli infermieri, gli esperti hanno ribadito che “non si individuano profili di responsabilità  professionale che abbiano influito in qualche modo sulla evoluzione della patologia di Cucchi e che quindi ne abbiano in alcun modo condizionato il decesso”. In merito alla cartella clinica, gli esperti milanesi hanno evidenziato come sia stata tenuta in modo “incompleto e superficiale”.

A margine del processo ha parlato Giovanni Cucchi, padre di Stefano: “Abbiamo dovuto ipotecare casa per far fronte alle spese del giudizio, quando dovrebbe essere lo Stato a difenderci. Stefano è solo la punta di un iceberg che evidenzia come sia il sistema che non va. Un sistema che presenta aspetti negativi che non si vogliono far emergere. Speriamo che la morte di Stefano serva almeno a questo, affinché non accadano più fatti del genere”.

Il genitore, poi, riferendosi alla circostanza che non è stato permesso ai consulenti nominati dalla famiglia Cucchi di svolgere il controesame dei periti della Corte d’Assise in sostituzione degli avvocati, ha aggiunto: “Pretendiamo le scuse dai pm e dal ministro della Giustizia. Ho consegnato mio figlio allo Stato sano. E’ stato ucciso e io sono costretto a subire affronti in aula: si impedisce a una famiglia di far esprimere ai propri consulenti, venuti da varie parti d’Italia e da me pagati, domande per raggiungere la verità  e non si capisce perché nonostante l’accordo delle parti non ci sia stato concesso. Voglio capire perché e voglio delle scuse, anche perché ritengo necessario un confronto approfondito che solo tra periti è possibile esplicare in modo completo. A tale confronto ritengo che lo Stato non dovrebbe rinunciare per nessun motivo”.

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