I CONTI DI BANKITALIA

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La prima è che Banca d’Italia impara a correggere le previsioni sbagliate (prima, per il 2013 prevedeva un calo di appeno lo 0,2%). La Banca centrale europea ha sbagliato finora tre previsioni su quattro e c’è voluto il risveglio keynesiano di Olivier Blanchard, capo-economista del Fondo monetario, per ricordare ai banchieri che l’austerità  provoca recessione. Ma questa non è solo una caduta del reddito. In Italia il Pil è sceso nel 2012 (-2,1% per Banca d’Italia, -2,4% per il governo), era stagnante nel 2010-2011, era caduto del 5,1% nel 2009 e dell’1,2% nel 2008. Questa è una depressione. Secondo Confindustria la produzione industriale nel dicembre 2012 è del 25% inferiore al livello pre-crisi dell’aprile 2008: in questi cinque anni un quarto della capacità  produttiva del paese è andata perduta.
La seconda notizia è il collasso del lavoro. Oggi i disoccupati sono 2,8 milioni, a cui si deve aggiungere l’equivalente di 520 mila persone in cassa integrazione a zero ore nel 2012, e un milione e mezzo di persone in cerca di lavoro ma “scoraggiate”, che scivolano fuori dalla definizione di disoccupati. In tutto arriviamo al 18%, più di un italiano su sei. E sappiamo che il 37% dei giovani non lavorano e che, tra coloro che un lavoro ce l’hanno, ci sono quattro milioni di lavoratori precari, quasi un dipendente su quattro. Banca d’Italia ci dice che tutto questo è destinato a peggiorare ancora.
La terza notizia è che Banca d’Italia ammette che le politiche realizzate per ridurre deficit e debito pubblico non possono funzionare. L’anno scorso il deficit netto è stato del 3% del Pil, contro il 3,9% del 2011. Ma nel 2011-2012 sono state effettuate dai governi Berlusconi e Monti cinque manovre fiscali, per un totale di 120 miliardi di euro. 
Tutto questo è riuscito a migliorare solo di poche briciole il saldo, ma ha aggravato la caduta del Pil: con il Pil che cade, la finanza pubblica non può migliorare. 
Banca d’Italia spera che nella seconda metà  del 2013 la caduta del prodotto possa fermarsi grazie a una ripresa di investimenti e export. Ma quali imprese investono quando perdono un quarto della produzione? E nel 2013 (e dopo) peserà  l’effetto delle manovre del governo Monti che tagliano la spesa pubblica per molte decine di miliardi. La domanda continuerà  a cadere e, senza domanda – lo sanno tutti ormai – il prodotto non cresce. Solo un drastico cambio di rotta può farci uscire dalla crisi, cambiando la traiettoria di uno sviluppo ingiusto e insostenibile. Sembrano notizie di rilievo. Chissà  perché la campagna elettorale non se ne occupa.


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  Le porte aperte del Saint Martin – Foto: Vitatrentina.it

Cari amici, pace!

Con una certa emozione, scrivo questa lettera di Natale. E’ la mia ultima dall’Africa, perché tra qualche mese tornerò in Italia da dove sono partito vent’anni fa. Mi piacerebbe tanto poter tornare con lo stesso spirito con il quale sono partito allora, ma con più umiltà , per poter imparare nuovamente il linguaggio e la cultura che troverò in Italia. In questi giorni mi sono riletto il diario che ho scritto negli ultimi anni qui in Kenya per fare memoria del bene che ho vissuto e rivivere la gioia di tante storie e tanti volti che ho amato. Alcune pagine mi hanno molto sorpreso.

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