by Sergio Segio | 13 Gennaio 2013 9:12
Le statistiche dicono che tra il ’92 e il ’93 ci fu il maggiore abbattimento di provvedimenti, passati da 1.041 a 481: un taglio drastico dovuto a una più attenta riconsiderazione delle posizioni, oltre che alle prime decisioni della Corte costituzionale e dei tribunali di sorveglianza. Ma anche, secondo l’accusa della Procura di Palermo, alla cosiddetta trattativa fra Stato e mafia che avrebbe portato alla decisione dell’allora ministro della Giustizia Conso a reinserire oltre trecento detenuti nel circuito ordinario. L’ex Guardasigilli ha dato tutt’altra spiegazione, ma qualunque siano le ragioni di quei numeri, da allora i provvedimenti di «carcere duro» hanno avuto un andamento altalenante, con aumenti e diminuzioni che alternavano di anno in anno. Sino al 2002, quando la riforma della legge si accompagnò alle bocciature in serie da parte dei tribunali di sorveglianza di rinnovi giudicati non adeguatamente motivati, anche per i capimafia riconosciuti. Fino al 2006 i 41 bis sono scesi di 133 unità , cominciando a risalire solo dal 2007, a seguito di un efficace coordinamento tra la Direzione dell’amministrazione penitenziaria e la Procura nazionale antimafia guidata da Piero Grasso.
Negli anni successivi c’è stata una costante crescita, da 526 ai 680 detenuti del 2010. Nel 2011 s’è registrato un fisiologico calo di 7 unità e nel 2012 s’è raggiunta la cifra record. Fra i 699 detenuti che attualmente subiscono i rigori di quella norma ci sono anche quattro donne: la brigatista rossa Nadia Desdemona Lioce, arrestata nel 2003, e tre affiliate alla camorra napoletana con ruoli che gli inquirenti considerano dirigenziali.
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