Grecia, quando si innalzano nuovi muri

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Adesso anche la Grecia ha il suo muro. Si tratta di una recinzione di filo spinato che si estende per quasi 11 km sul fiume Evron, lungo il confine con la Turchia. È una barriera alta 4 metri, la cui costruzione fu iniziata in primavera ed è stata portata a termine negli ultimi giorni di dicembre. Quest’opera dovrebbe servire a chiudere il confine e bloccare l’immigrazione clandestina su una delle rotte più utilizzate per entrare nel Vecchio Continente. A quanto pare, dopo una politica di parziale apertura, in tempi di gravissima crisi sociale ed economica, il problema dell’immigrazione irregolare era diventato particolarmente sensibile per le autorità  greche. L’investimento per il muro, che si aggira sui 3 milioni di euro, viene presentato dal governo di Atene come una spesa pienamente giustificata per fermare l’esodo di immigrati clandestini che ogni giorno varcano il confine attraverso quel piccolo limbo di terra che congiunge la Grecia alla Turchia. Secondo l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne Frontex, prima di dicembre erano circa 250 persone al giorno quelle che si aggiungevano agli oltre 500.000 immigrati clandestini erano entrati nel Paese nel corso degli ultimi anni.

Ora il muro dovrebbe riuscire nell’impresa di fermare gli irregolari. Da qualche decennio i rapporti diplomatici tra Atene e Ankara si erano fatti particolarmente difficili: negli ultimi tempi, il governo greco si è lamentato ripetutamente con la Turchia per la mancanza di sforzi nel contrastare l’emigrazione clandestina. Il muro rappresenta una misura radicale, che va ad aggiungersi ad altre iniziative quantomeno controverse. Amnesty International aveva già  segnalato in passato i casi di persone in fuga da conflitti e guerre in paesi come la Siria che sono state respinte dalle autorità  greche attraverso il fiume Evros.

L’Evros, in turco Meric, rappresenta un confine simbolico. Non è solo la frontiera tra due nazioni i cui rapporti diplomatici sono storicamente problematici: è anche l’ultima porta d’ingresso per l’Europa. E in effetti, a inizio 2011, quando un sottosegretario fece balenare per la prima volta l’idea di erigere una barriera lungo il fianco orientale della Grecia, la reazione della Commissione Europea fu negativa. Qualcosa, da allora, deve essere cambiato. Forse l’emergere di un sentimento di insicurezza sociale in tanti altri Stati, e l’insofferenza di Francia e la Germania, i cui rispettivi governi hanno a più riprese fatto capire di essere stanchi di veder entrare nuovi stranieri nel proprio paese. In ogni caso, ad aprile la responsabile del dossier, Cecilia Malmstrà¶m, Commissario Europeo per gli Affari Interni, nelle cui competenze rientrano anche le politiche per l’immigrazione, ha dichiarato che considera il progetto “un affare interno” e che quindi l’Unione Europea non avvierà  nessuna iniziativa al riguardo.

Da un certo punto di vista, ci sono pochi dubbi sul fatto che si tratti, in effetti, di una misura interna. La soluzione adottata dal governo di Samaras sembra infatti una manovra politica la cui natura è fortemente legata agli sviluppi interni al Paese. Pochi dubitano che si tratti di un adeguamento alle pressioni e al nuovo peso contrattuale di Alba Dorata, il partito dell’estrema destra xenofoba entrato in parlamento con le elezioni della scorsa primavera che nel proprio programma propone di minare il confine greco-turco. Mentre i sondaggi danno i neonazisti in continua crescita, il governo è sempre più piegato sulle posizioni xenophone di questo partito, che invoca un’ulteriore svolta disciplinare all’immigrazione nel paese ellenico. Il muro di Evros/Meric è la misura più visibile di un’ampia politica di repressione dell’immigrazione clandestina, che nei prossimi mesi porterà  alla costruzione di 30 centri di detenzione da mille posti l’uno.

Questi sviluppi hanno allarmato Amnesty International, che nei giorni scorso ha diramato un comunicato stampa dichiarando che “il fallimento della Grecia nel rispettare i diritti di migranti e richiedenti asilo sta assumendo le proporzioni di una crisi umanitaria. Sullo sfondo di una prolungata pressione migratoria, di una profonda crisi economica e di un sentimento xenofobo crescente, la Grecia si sta dimostrando incapace di soddisfare persino i più elementari bisogni di sicurezza e riparo delle migliaia di richiedenti asilo e migranti che giungono ogni anno”. Al comunicato, Amnesty ha allegato un documento in inglese dal titolo “Grecia: fine della corsa per rifugiati, richiedenti asilo e migranti”. Il documento descrive le difficolta di questi gruppi di persone per entrare nel paese e le discriminazioni che li aspettano una volta raggiunta la meta: “richiedenti asilo, migranti, centri di comunità , moschee e negozi sono stati oggetto di queste aggressioni che, dalla scorsa estate, sono state quasi quotidiane”.

In una situazione che ricorda la grottesca iniziativa delle ronde padane, molte persone fanno ormai affidamento su Alba Dorata e sui suoi militanti per la protezione dalla minaccia percepita degli immigrati. Il documento di Amnesty evidenzia un marcato aumento di aggressioni di stampo razzista nel corso del 2012, anche grazie all’atteggiamento della polizia che spesso assume un atteggiamento neutrale verso gli episodi di intolleranza ed aggressioni violente. La sensazione percepita è quella di un razzismo sempre più diffuso: è soprattutto nei quartieri periferici di Atene, la grande città  dove si concentrano gran parte degli immigrati che sperano un giorno di poter approdare in altri stati dell’Europa continentale, che le aggressioni fasciste sono ormai diventate un fenomeno quotidiano.

Lorenzo Piccoli


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