Fermo l’indotto Alcoa, operai del Sulcis senza cassa integrazione
I 500 sono i «dimenticati» della vertenza Alcoa: lavoravano nelle imprese esterne, il 31 dicembre la fabbrica è stata chiusa. I dipendenti della multinazionale americana — anche loro 500 — sperano ancora in una (assai poco probabile) ripresa delle trattative per la vendita dello stabilimento. «Ma loro almeno hanno la cassa integrazione — protesta Manolo Mureddu, portavoce degli operai — possono sperare di tirare avanti in attesa di una soluzione. A noi niente, neanche un sussidio. Attenzione: siamo pronti a tutto». Il cunicolo è angusto, ad altezza d’uomo, l’umidità fa grondare le pareti, gli operai si stringono l’un altro per ripararsi dal gelo.
Un segnale di rabbia e sconforto ormai fuori controllo è arrivato poche ore dopo l’occupazione del cunicolo. Sempre a Serbariu, Serafino Biffa, uno dei 500, si è arrampicato martedì su una torre ridotta a un ammasso di ruggine. Voleva buttarsi giù: «Non ho più un euro per far mangiare i miei figli». I compagni sono riusciti ad afferrarlo, lui ha avuto una crisi cardiaca ed è stato ricoverato all’ospedale. Dimesso dopo qualche giorno, è subito ritornato all’ingresso delle gallerie: «Lottiamo per il pane e la dignità . Non possiamo arrenderci».
Per la cassa integrazione uno spiraglio potrebbe aprirsi mercoledì, a Roma ci sarà una riunione al ministero dello Sviluppo economico e si discuterà del «piano Sulcis», un pacchetto di progetti e risorse per più di 500 milioni di euro (fondi statali, regionali e Unione Europea) da destinare a interventi infrastrutturali (strade, porti, recupero ambientale) nel Sulcis Iglesiente, la provincia più povera d’Italia. Ma molti progetti sono ancora in una fase di preparazione, è difficile che gli interventi possano partire subito e per la cassa integrazione il via libera dovrà venire dal ministero del lavoro, che ha tagliato di 40 milioni i fondi destinati alla Sardegna per la cassa integrazione in deroga. Avrebbero dovuto essere utilizzati per coprire gli ultimi mesi del 2012; per quest’anno, ancora nessuna certezza.
«Una soluzione devono trovarla — afferma ancora Mureddu — lo hanno assicurato i ministri Passera e Barca quando sono venuti proprio qui a Serbariu a novembre, così come è stata trovata per la Vynils di Porto Torres, per altre aree di crisi e per i nostri colleghi dell’Alcoa. Noi lavoravamo accanto a loro nella fabbrica. Perché dobbiamo essere trattati diversamente?».
L’Alcoa è ferma da due settimane, dentro sono rimasti una trentina di operai per guardiania e operazioni di sicurezza, le imprese esterne sono una decina, lavoravano tutte esclusivamente per l’Alcoa: «Se non ci sono prospettive — Mureddu riferisce i propositi dei titolari — ci hanno già detto che licenzieranno tutti».
Alberto Pinna
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